«Chi salva una vita
salva il mondo intero»
Soccorriamo l’umanità insieme, sostieni le nostre missioni nel Mediterraneo.
Mentre il Governo di destra del paese mantiene una linea dura sull'immigrazione nel Mediterraneo, l'artista hip-hop Ghali diventa la voce di spicco in favore della solidarietà
A metà marzo, poche settimane dopo il naufragio di un’imbarcazione sulla costa calabrese, le acque del Mar Mediterraneo portavano ancora i resti a riva: assi di legno, pezzi di motore, scarpe di bambini, corpi. La stagione dei naufragi è arrivata in anticipo quest'anno per i migranti.
A quattrocento chilometri di distanza, nelle acque siciliane al largo di Trapani, in preparazione alle future traversate e tragedie - che accadono sempre, eppure i Paesi ricchi le vedono ogni volta come se si trattasse di una nuova crisi – durante il fine settimana, volontari da tutta Italia e dall’estero imparano a compiere operazioni di soccorso in mare. Alle sessioni di addestramento c'erano persone inesperte e veterani, persone che nella vita normale sono insegnanti, paramdedici, studenti, marittimi; c’era persino uno chef.
La domenica si è unito a loro un ospite speciale; avrebbe potuto mimetizzarsi, vestito uguale agli altri con casco blu e giacca a vento, se non fosse stato per gli sguardi continuamente puntati su di lui, alcuni addirittura strabuzzavano gli occhi per la sorpresa - il prezzo di essere così famoso nella sua Italia, che lo conosce solo per nome, ormai in ogni casa: Ghali, che in arabo significa "prezioso".
L'estate precedente, il rapper Ghali aveva donato a Mediterranea Saving Humans, l’associazione non-profit che ha organizzato la sessione di training, un RHIB, Rigid-Hull Inflatable Boat, vale a dire imbarcazione gonfiabile a scafo rigido, ossia quel tipo di gommone arancione che può essere rapidamente armato per raggiungere coloro che sono in pericolo in mare e portarli in salvo sulla nave madre. Ghali, nato a Milano da genitori tunisini, ha ripetutamente definito l’acquisto del gommone "la cosa più rap che si potesse fare". Aggiundo spesso: "E non è abbastanza".
L'ha battezzato come una canzone dal suo ultimo album, “Bayna”, che vuol dire "È chiaro" in arabo. Sebbene il gommone Bayna avrebbe dovuto essere messo in mare alla fine del settembre scorso, non ha ancora visto una sola missione, ostaggio delle lotte interne della politica italiana. Dallo scorso ottobre, il Paese è guidato da Giorgia Meloni, a capo del partito di estrema destra Fratelli d'Italia (nel suo c’è la fiamma adottata dai seguaci di Mussolini dopo la sua scomparsa). Prima di diventare primo ministro, aveva detto che le navi di soccorso delle ONG, che lei definiva “traghetti” e paragonava ai trafficanti di esseri umani, andavano affondate. Il suo governo si è attivamente impegnato per far sì che limitare il le circa 20 navi di ricerca e soccorso che pattugliano le acque del Mediterraneo passino il minor tempo possibile in mare. La nave di Mediterranea, la Mare Jonio, è l'unica battente bandiera italiana, il che la sottopone ai controlli delle autorità italiane.
La tragedia al largo della Calabria - 94 corpi sono stati recuperati e altre 11 persone si presume siano morte - ha riacceso il dibattito sull'approccio del Paese alle traversate in mare dei migranti. Il viaggio di Ghali a Trapani per varare Bayna era stato programmato nella speranza che la pubblicità potesse contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica e sbloccare la certificazione della Mare Jonio in modo che potesse ritornare in acqua entro la primavera, quando le traversate sarebbero riprese in gran numero.
Dopo essersi allacciato il giubbotto di salvataggio, Ghali si è calato in uno dei due vecchi gommoni arancioni di Mediterranea, faticando con la sua statura da 1,95 a prendere posto. I volontari si sono divisi in due squadre, con una barca assegnata al ruolo dei migranti, l'altra a quello dei soccorritori. Ghali era sull’imbarcazione di chi doveva essere soccorso. L'altra barca si è allontanata rapidamente.
L’esercizio che stavano compiendo - avvicinamento e primo contatto - può essere estremamente pericoloso. Richiede che i soccorritori stabiliscano un rapporto di fiducia con quelli sull'altra barca il più rapidamente possibile, esprimendo autorità in modo fermo ma non minaccioso. Dopo giorni in mare, spesso alla deriva, capita che i migranti si affrettino a scendere dalla propria (spesso fragile) imbarcazione, rischiando di capovolgerla.
I volontari del gommone di Ghali, che si sono esercitati per tutto il fine settimana, hanno individuato il gommone di soccorso in avvicinamento. Al segnale, si sono agitati, gridando in inglese: “Hello! Hello! We are here!”. Un amichevole "Hello!" è stato lanciato in risposta dall’imbarcazione di soccorso. “Siamo una nave italiana, siamo qui per aiutare tutti voi”, spiega un volontario di nome Gabriele Mantici, skipper professionista e apneista. “Ma dovete stare calmi.”
Un coro di "Venite, venite", è la risposta della barca di Ghali, che ha cominciato a dondolare notevolmente.
“Sedetevi,” dice Mantici con tono pacato. “Siamo qui per soccorrervi. Vi porteremo a quella nave laggiù», dice, indicando la Mare Jonio. "Ma dovete stare calmi e seduti."
"Per favore, per favore", hanno replicato, e Ghali, che aveva capito il copione, si è alzato improvvisamente, agitando le braccia. Il gommone ha ondeggiato di nuovo.
Fabio Gianfrancesco, deputy rescue coordinator di Mediterranea, che nella vita fa il professore di filosofia a Roma, si prende un momento per spiegare le cose a Ghali. «La sua posizione è importante», dice, indicando Mantici. “Chi parla è il più in alto, sta con un piede sul bordo. Ciò fa in modo che quelli che stanno per essere soccorsi si concentrino su quella persona.”
"OK, ti passo un giubbotto di salvataggio", dice Mantici. "Indossa il giubbotto e chiudilo con la cintura", ha continuato, mimando la procedura, facendo infilando il giubbotto e chiudendo la cintura. “Quando tutti voi avete il giubbotto di salvataggio addosso, vi portiamo a bordo uno per uno. Ma dovete stare calmi”.
Gianfrancesco si china e aggiunge a bassa voce: "La comunicazione tramite gesti è l'unico modo per essere sicuri di trasmettere il messaggio".
I "migranti" si sono precipitati da afferrare i giubbotti di salvataggio e il gommone, anche nell’acqua del porto, ha sobbalzato.
"Tornate indietro, tornate indietro", dice Mantici al suo equipaggio, e il loro gommone è indietreggiato. Al gruppo di Ghali dice: “Se fate così, non possiamo aiutarvi. OK? Dove stare calmi e ascoltarmi. OK?"
Il gommone Ghali si tranquillizza e il RHIB si avvicina abbastanza per poter distribuire i giubbotti di salvataggio. Una volta che tutti si sono allacciati la cintura, inizia il trasbordo.
Tornato a bordo della Mare Jonio dopo l'esercitazione, Ghali vede che Bayna è stata finalmente gonfiata. L'idea di donarla è nata più di un anno prima. Ora, finalmente in sua presenza, la accarezza esclamando: "Che bomba!"
Quasi nessuno viene sul ponte più alto per vedere Ghali che scrive "Bayna" sullo scafo. Le persone devono tornare alla vita di tutti i giorni; ci sono voli da prendere. Ma quelli che c’erano applaudono. Lo stesso Ghali sembra immerso nei suoi pensieri.
Quando gli viene chiesto chi immagina verrà soccorso, risponde: “Questi volontari stanno salvando i miei amici, le loro famiglie, i miei fratelli. Provo gratitudine. I miei fratelli che salvano altri miei fratelli. Ha continuato: "Mi stanno salvando".
Nel ritornello di uno dei più grandi successi di Ghali, “Cara Italia”, lui canta: “Quando mi dicono 'Tornatene a casa tua', rispondo: 'Sono già qui'. Italia."
Non sono solo gli italiani xenofobi a non capire che, per uno come Ghali, Italia vuol dire casa. Anche i fan che professano il proprio amore per il cantante ancora gli chiedono: "Ma quando sei arrivato in Italia?" La persistente percezione di Ghali come straniero deriva in parte dal modo in cui l'Italia vede sé stessa: come un paese che ha una storia grandiosa di emigrazione - la diaspora italiana si è stabilita nelle Americhe, in Europa e in Australia - ma non di immigrazione.
Ghali ha messo in crisi l’immagine che l’Italia ha di sé, raccontando la propria esperienza di figlio di immigrati tunisini, in canzoni così popolari che sono state anche utilizzate nelle pubblicità di BMW, McDonald's e Oreo; si può sentire dappertutto “Cara Italia” usata da una nota campagna pubblicitaria di Vodafone.
Sebbene Ghali sia nato in Italia, non ne è divenuto cittadino fino al compimento dei 18 anni, dopo quello che descrive come un processo burocratico complicato, reso tale dall'ormai decennale legge italiana sulla cittadinanza che ha lo scopo di mantenere forte il legame della diaspora con l'Italia, non di integrare i nuovi arrivati. L'Italia riconosce la discendenza di sangue come requisito per avere la cittadinanza anche se la famiglia di un cittadino non vive in Italia da generazioni. Ma a differenza degli Stati Uniti, ad esempio, non esiste la concessione automatica della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori non italiani. Questa è la differenza tra ius sanguinis e ius soli: appartenenza di sangue contro appartenenza di suolo (di nascita).
Nel pezzo “Flashback”, Ghali canta: “Gli intervistatori mi chiedono, “Ius soli? Penso solo che siamo più soli”, un gioco di parole fra il latino soli (del suolo) e l’italiano “solo”.
I nati in Italia da genitori stranieri sono conosciuti come seconda generazione, ossia come immigrati di seconda generazione . (I bambini nati da genitori immigrati negli Stati Uniti sono considerati Americani di "prima generazione"). Nella definizione più ampia, si riferisce anche a persone arrivate in Italia prima dei 18 anni, nonché a quelli che come Ghali hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Nel 2018 l'Italia contava circa 1,3 milioni di minori di seconda generazione in senso lato, tre quarti dei quali nati in Italia. Rappresentano il 13 per cento della popolazione italiana under 18.
La madre di Ghali lasciò la Tunisia a 20 anni. Ghali racconta che il padre è arrivato anni dopo e, dopo essere diventato uno spacciatore, è entrato e uscito di prigione e dalla vita di Ghali fino a quando non se n'è andato definitivamente, tornando in Tunisia. Con il secondo arresto del padre e la fine di quello che Ghali chiama haram flus - denaro illecito - sua madre trovò lavoro come custode, pulendo case e ospedali. Erano Ghali e la madre contro il mondo o, come canta in “Flashback”, insieme “nella guerriglia”.
Fu lei a portarlo, nel 2003, a vedere il film americano “8 Mile” con protagonista il rapper Eminem. Rimase subito colpito da questa "cosa americana", il rap. Un ragazzo tunisino più grande di lui presto fece conoscere a Ghali il lavoro di Joe Cassano, un giovane rapper morto nel 1999, e regalò a Ghali un CD di rap italiano. Lui lo divorò per intero. Scoprire che il rap si poteva fare anche in italiano, una lingua che amava, fu una rivelazione.
Ghali è arrivato sulla scena rap italiana nel momento in cui, proprio come Eminem, i rapper italiani emergenti stavano trasformando il genere per raccontare i propri conflitti personali, spesso da outsider della società. Andrea Bertolucci, giornalista che si occupa di rap italiano, contrappone questo approccio al periodo degli anni '80 e '90, quando il rap in Italia era stato adottato dai militanti dei movimenti di sinistra, con testi che esprimevano idee politiche più complesse. Cassano, dice Bertolucci, era “un vero paroliere e pioniere” in quanto parlava di sé con grande introspezione. Ma in entrambe le fasi, dice, “dato che le grandi etichette discografiche non prestavano attenzione, il rap non subiva censure; era un genere sovversivo, un genere libero”.
E Ghali, che trascorreva le estati d'infanzia in Tunisia, allora sotto il controllo di un regime repressivo al potere dal 1987 (Ben Ali, NdT), viveva quella libertà visceralmente. Gli veniva ricordato, a lui che ascoltava rapper americani e italiani che denunciavano senza paura la polizia, che in Tunisia lo stesso atto poteva condurre al carcere.
L'anno in cui Ghali scoprì il rap, lui e sua madre si trasferirono in una casa popolare a Baggio, alla periferia di Milano. Il rap divenne il mezzo per entrare in contatto coi suoi coetanei; ancor oggi,la sua cerchia privata è in gran parte composta da persone di Baggio. “Anche prima di diventare famoso, Ghali era famoso per noi”, dice il suo amico Nathan Bonaiuti, la cui madre è immigrata dall'Eritrea.
Presto Ghali si mise a registare tracce nella sua stanza senza far troppo rumore, per non far sentire a sua madre le parolacce, e distribuendo in giro per Baggiodemo incise su CD . "Il rap ha dato un senso a tutto", dice. "Nessuno può impedirmi di dire quello che penso."
La libertà che trovava nel rap, però, contrastava con la sua realtà. Ghali racconta di essersi sempre sentito italiano: «All'asilo dalle suore recitavo l'Ave Maria!». Ma il suo documento d'identità era chiaramente diverso da una normale carta d'identità italiana, un efficace promemoria del fatto che loro erano "ospiti".
Quel rifiuto era amplificato dai media. "Non c'è stato un telegiornale che abbia mai detto 'tunisino' come una cosa positiva", dice. "Ma solo 'Un tunisino ha stuprato'. 'Un tunisino è stato arrestato'. 'I membri dell'Isis erano tre ragazzi di origini tunisine'. Mi vergognavo persino del mio nome".
Quando era ancora un adolescente, Ghali divenne hype-man sul palco di alcuni dei più grandi rapper italiani. "Era swag avere un arabo", dice. Alla fine, è salito sul palco da solista, certo di potere farcela. "Raccontavo una storia che non era stata mai raccontata e sapevo che c'erano altre persone come me", dice. “Ero innamorato del rap italiano, ma non mi sentivo rappresentato; non stavano parlando specificamente di me. E sapevo che in Italia cominciavano ad esistere i figli degli immigrati, ma che nessuno raccontava la loro storia”.
E così ha raccontato la sua storia, usando il mix di linguaggi che sono il suo slang quotidiano. Nei testi di Ghali, il soggetto, il verbo, l’oggetto e gli aggettivi di una singola frase possono essere tutti in lingue diverse. Dispiegano l'ironia più che l'aggressività. Certo era arrabbiato per molte cose, ma, dice: “Se avessi detto certe cose, non avrei avuto una chance. Ero già svantaggiato per il fatto di essere arabo; dovevo piacere. Non volevo essere accettato solo dai "ragazzi di strada"; volevo essere accettato dalle famiglie italiane. Volevo essere riconosciuto come un artista nazionale”.
L’esaltazione della propria madre probabilmente ha aiutato a conquistare molte mamme italiane, una fascia demografica forse inattesa per un rapper. (In "WilyWily", si definisce "figlio di ma’ e dei suoi sacrifici".)
Nel 2018, lo show tutto esaurito al Mediolanum Forum di Assago viene trasmesso in diretta. La telecamera fa una panoramica della folla che canta a tempo anche quando Ghali si muove tra lingue diverse. Il pubblico va in estasi quando sale sul palco la madre con una bandiera italiana.
Il suo amore per l'Italia tuttavia a volte ha reso gli italiani sordi di fronte alla critica che esprime. Molti italiani sembrano interpretare la canzone "Cara Italia", il cui video ufficiale ha più di 100 milioni di visualizzazioni su YouTube (la popolazione italiana è di circa 60 milioni), come una vera lettera d'amore, quando in realtà il testo è critico:
Ma che politica è questa?
Qual è la differenza tra sinistra e destra?
Cambiano i ministri, ma non la minestra
Il cesso è qui a sinistra, il bagno è in fondo a destra
Dritto per la mia strada
Meglio di niente, más que nada
Vabbè, tu aspetta sotto casa
Se non piaci a mamma, tu non piaci a me
Mi dice "Lo sapevo" ma io non ci credo
Mica sono scemo
C'è chi ha la mente chiusa ed è rimasto indietro, come al Medioevo
Il giornale ne abusa, parla dello straniero come fosse un alieno
Senza passaporto, in cerca di dinero
“Dicono: ‘Guarda quanto ama l’Italia. Ha scritto una canzone sull'Italia'", dice Ghali con frustrazione. “Che bravo ragazzo. Che bravo straniero! Straniero ma bravo. Io non sono né bravo né straniero».
Ma non è solo l’appartenenza che Ghali afferma.
Mentre l'Italia discute se abbracciare oppure trovare il sistema per cancellare il suo fiorente multiculturalismo, le seconde generazioni sono per lo più escluse dal dibattito politico. Eppure con la sua musica, dice Bertolucci, Ghali “ha finalmente dato voce a una comunità che non ha mai avuto rappresentanza politica, sociale, religiosa e nemmeno linguistica”.
Bertolucci sottolinea come, oltre a utilizzare riferimenti culturali comuni a molti giovani di seconda generazione, l'innovativo mix – o addirittura “contaminazione” – che Ghali fa della lingua italiana con l'arabo, il francese, lo spagnolo e l'inglese “ha creato un terreno di rivendicazione linguistica per chi che, come lui, si sentiva escluso dal diritto di cittadinanza e dall’integrazione”.
Ma con i suoi riferimenti a emozioni universali e all'adolescenza degli anni '90 e '00 –i due Justin Timberlake e Bieber, Pixar e Pokémon - la musica di Ghali è anche ciò che Bertolucci chiama "motore di approccio culturale" per tutti gli italiani.
Come canta Ghali in “Bayna”: “Tu sogni l'America, io l'Italia. La nuova Italia”.
Nella vita e nella musica di Ghali, il Mar Mediterraneo è eternamente presente, un riconoscimento di ciò che lega e separa le fortune di coloro che si trovano a vivere sulle sue sponde.
Durante le sue numerose estati trascorse a Tunisi in visita alla famiglia, Ghali era costantemente consapevole del fascino da sirena del Mediterraneo. Molti tunisini lasciano la Tunisia in cerca di vita migliore, ma per quelli che non possono ottenere il visto legale per cercare opportunità altrove, c'è sempre la traversata, un'opzione sia costosa sia pericolosa.
Ghali sentiva spesso gli adulti in salotto piangere perché qualcuno - amico o parente - era annegato nel tentativo di giungere in Italia. "Era una cosa che c’era sempre, sempre, ogni anno", dice.
In Tunisia e in altri paesi nordafricani, coloro che compiono il viaggio sono noti come harraga, o "bruciatori", perché quando raggiungono l'altra sponda danno fuoco ai documenti di identità in modo che le autorità europee non possano sapere chi sono né dove deportarli.
Esiste un intero corpus musicale sull'harga, l'attraversamento. Le canzoni ruotano attorno a temi ricorrenti: la voglia di partire; i pericoli della traversata; la sofferenza dell’esilio e della famiglia lasciata alle spalle; l'accettazione della volontà divina. Per calmare i nervi quando le acque sono agitate, i migranti sulle imbarcazioni a volte cantano insieme queste canzoni. Ghali ha finito per scriverne una lui stesso.
Durante una vacanza estiva quando aveva 16 anni, Ghali arrivò dall'Italia e iniziò a magnificare la vita a Milano al cugino tunisino. Poco dopo, il cugino, solo di pochi anni più grande di Ghali, scomparve. La famiglia lo cercò per ore. Alla fine tornò a tarda notte, coperto di grasso per motori. Era stato sorpreso mentre cercava di nascondersi su una barca diretta in Italia.
Per anni, Ghali si è sentito in colpa perché la sua millanteria adolescenziale avrebbe potuto costare la vita al cugino. Ha scritto le parole della canzone "Mamma" sulla base di quell’esperienza.
Nel video, un giovane tunisino con indosso la maglia della nazionale italiana di calcio ha intenzione di partire nel cuore della notte. Ghali canta:
Lui guarda me, le mie Nike Air e pensa che
Sia easy fare il cash ma non sa che così non è
E finirà come gli altri a fare weshwesh, bang bang, lo sa
Ma Ghali sa che non lo convincerà, perché sa che se fosse nato anche lui in Tunisia, avrebbe fatto la stessa scelta di andarsene. Si rivolge invece al mare:
Mare o mare, non ti agitare
Mi raccomando, portalo in salvo
Ahi ahiahi, mare o mare, ti prego non ti agitare o annego
Mi raccomando che arriva, portalo in salvo a riva
Se Ghali era profondamente consapevole delle traversate e degli annegamenti, in genere non era così per gli italiani, figuriamoci per gli europei dei paesi lontani dal Mediterraneo.
Ma poi le traversate, che includono rifugiati in cerca d’asilo da guerre e persecuzioni così come migranti economici, sono più che triplicate nel 2014, in parte a causa della Primavera araba.
L'esplosione dei flussi migratori ha colto di sorpresa l'Europa, come se avesse dimenticato che molti di questi paesi si trovano appena oltre il Mediterraneo.
Alla fine, il mare era destinato a diventare sia oggetto di contesa politica sia un cimitero. Dal 2014, più di 27.000 persone sono morte o disperse nel tentativo di attraversarlo, in gran parte perché l'Europa ha visto il Mediterraneo come un confine da far rispettare, non una zona di ricerca e soccorso da pattugliare attivamente, un vuoto che navi come la Mare Jonio cercano di colmare.
Per impedire gli arrivi, l'Unione Europea si è concentrata sull’arrestare le partenze dai paesi di partenza, sostanzialmente chiudendo il rubinetto, mentre la conduttura resta lì.
Per fare ciò, ha di fatto esternalizzato il controllo delle frontiere ai paesi dall'altra sponda del Mediterraneo che hanno standard di rispetto dei diritti umani molto meno rigorosi dell’Europa.
L'UE ha inaugurato questo approccio dopo la crisi dei migranti del 2015, quando quasi un milione di persone - circa l'80% delle quali in fuga da Siria, Afghanistan e Iraq - sono arrivate in Europa via mare.
La maggior parte era partita dalla Turchia, ma dopo un accordo del 2016 con l'UE da sei miliardi di euro, la Turchia impedisce alle persone di lasciare le sue coste in numero elevato. (L'accordo ha anche contemporaneamente rafforzato - a livello nazionale e internazionale –il sempre più autoritario leader turco, Recep Tayyip Erdogan.)
L'anno successivo, l'Italia ha firmato con la Libia, sua ex colonia,un accordo patrocinato dall'UE per ridurre le traversate che partono da lì.
Le associazioni per i diritti umani continuano a denunciare l'accordo, avendo documentato detenzioni, omicidi, sparizioni forzate, torture, riduzione in schiavitù, violenze sessuali e altri atti commessi dai libici contro persone desiderose di raggiungere l'Italia.
Mentre è stato il Partito Democratico di centrosinistra a stringere l'accordo con la Libia, il politico italiano maggiormente associato al sentimento anti-migranti è Matteo Salvini, il leader del partito di estrema destra della Lega.
Nel giugno 2018, Salvini, che ama i media e le dichiarazioni roboanti, divenne sia vice primo ministro che ministro degli Interni. Durante i suoi 14 mesi di mandato, impose una serie di misure intransigenti per abolire le principali forme di protezione per i migranti e facilitare la loro deportazione, chiudendo i porti italiani alle navi di soccorso.
Sosteneva (come fa oggi la Meloni) che queste navi sono un "pull factor" che incoraggia le persone ad attraversare il mare, più dei "push factor" che li spingono a partire. Rifiutò il permesso di attracco a più di una nave di soccorso, bloccandole in mare. Salvini è attualmente sotto processo per le sue azioni in uno di questi casi, e fra i testimoni dell'accusa compare l'attore Richard Gere, che visitò i migranti a bordo.
Nel luglio 2019, in un remix del rapper britannico Stormzy intitolato “Vossi Bop”, Ghali prese di mira Salvini, dipingendolo come un “politico fascista” che dice che “chi è arrivato con un gommone non può restare”.
Ghali immagina la scena di una partita di calcio del Milan (sia Ghali che Salvini sono milanisti) e rappa sulla presenza di Salvini che rovina l'atmosfera.
"Sono un artista e la politica non è necessariamente il mio lavoro", dice Ghali in un'intervista pubblicata nel giorno in cui esce il brano. “La mia musica racconta la mia storia e il rap, nato come denuncia sociale e sempre stato il mio pane quotidiano, è il mezzo migliore per soddisfare il bisogno che ho di prendere posizione contro chi sfrutta la paura per creare un nemico”.
Salvini, forse l'uomo più potente in Italia all'epoca, litiga su Twitter con il rapper. Linkando un articolo di VICE Italia con il titolo "Ghali che attacca Salvini in un pezzo con Stormzy è pura gioia", cita il testo di Ghali prima di aggiungere: "Mi insulta ma la sua musica non mi dispiace, è grave???" con l’emoji degli occhiali da sole.
Il mese successivo, Salvini esagera tentando di diventare primo ministro. Invece la coalizione di governo cambia e il nuovo governo cancella i decreti di Salvini.
Dietro l'angolo c'è la pandemia, e quando il mondo si blocca e i viaggi precipitano, anche le traversate dei migranti diminuiscono. L'Italia, in particolare al nord, rimane duramente colpita dal Covid.
Salvini si scaglia contro l’obbligo della mascherina e altre restrizioni. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, poco dopo recluta Ghali per scrivere le parole del video che accompagna la campagna post-lockdown della città. “Volevamo dare un volto e una voce alla città che potesse rappresentare la nuova generazione di milanesi, emblema di una società interculturale impegnata”, dice Sala. “Ghali ha trovato le parole per parlare a tutti”.
Un venerdì sera dal ristorante Bice, istituzione milanese frequentata da professionisti e famiglie borghesi, esce una donna in tailleur che sembra sulla sessantina mentre entra Ghali. Lo riconosce subito. "Pensavo fossi in Marocco", esclama, sinceramente sorpresa. Il suo ultimo post su Instagram era stato pubblicato proprio da Marrakesh.
Ghali non ha prenotato e il ristorante è affollato. Sembra disposto ad aspettare, ma la ristoratrice entiusiasta gli trova un tavolo nell'angolo.
Bice è nel quadrilatero della moda, il cuore del mondo della moda italiana, che si è innamorata di Ghali. Che gli altri ai tavoli sapessero o meno chi fosse, probabilmente hanno capito che si trattava di persona famosa. Se hanno capito che era italiano è un altro conto.
Questa qualità di Ghali - la sensazione che possa provenire da molti luoghi - lo ha reso attraente per la moda italiana, afferma Federico Sarica, responsabile dei contenuti di GQ Italia, che ha messo Ghali sulla copertina della rivista per la seconda volta, nel maggio 2022.
"Ghali è piaciuto subito all'industria della moda perché era l'artista italiano che assomigliava di più al resto del mondo", dice Sarica. Il motivo per cui esisteva questo vuoto da colmare è semplice, sostiene Ghali: "L'Italia è sempre molto indietro".
E’ tutto stato reso più facile dal fatto che Ghali sia alto e bello e indossi bene i vestiti.
United Colors of Benetton lo ha scelto come brand ambassador nel 2021 perché “ne incarna i valori fondanti di multiculturalismo e integrazione”, definendolo “uno degli artisti più influenti della sua generazione”. Ghali ha disegnato una collezione per Benetton nell'autunno 2021 che includeva un hijab per uomo e abbigliamento con scritte in arabo.
"Ghali era assolutamente nuovo per l'Italia", dice Roberto Saviano, il giornalista e saggista forse conosciuto fuori dall'Italia soprattutto per essere autore di "Gomorra".
Per Saviano, Ghali è assolutamente italiano: "È un milanista!" - senza mai nascondere le sue origini tunisine. Questa facile sintesi - spiega - consente a Ghali sia di normalizzare la seconda generazione sia di umanizzare coloro che prendono il mare.
Saviano cita la canzone “Mamma”, dicendo che “riportava il dramma delle partenze per mare molto più di qualsiasi notizia, libro o film, perché racconta come e perché un ragazzo decide di partire e non nasconde le contraddizioni”.
Karima Moual è una giornalista italiana nata in Marocco che scrive di queste contraddizioni - compresi i continui ostacoli all'integrazione e alle pari opportunità - per testate nazionali come La Stampa e La Repubblica e come opinionista per Mediaset, la più grande rete teleivisva del Paese.
Nonostante queste credenziali italianissime, dice, “rimango per sempre 'la giornalista di origini marocchine'”. Per lei manca “questo passo avanti, il riconoscimento che c'è una generazione, tutta italiana, che ha una background migratorio ma è integrata, non vuole 'tornare' — che vede qui il suo futuro”.
Parlando di Ghali, dice: “Finalmente c'è una seconda generazione, uno 'straniero', che trascende i limiti. Non è più ‘il tunisino’. Ghali è Ghali”.
Sarica di GQ mette in guardia dal trasformare Ghali in un simbolo o dal pensare che l'Italia "assomigli più a Ghali che a Meloni".
Moual è cauta nel rispondere. «Oggi è della Meloni», dice, semplicemente perché la Meloni è la presidente del Consiglio. Ma a vincere le elezioni, dice Moual, è stata la paura, così come il desiderio di negare l'esistenza di una generazione che "e a tutti gli effetti italiana".
È una visione che, dice, "è slegata dalla realtà - e la realtà è quella di Ghali".
Per coloro che vivono questa realtà, la musica rap rimane una delle poche strade per condividere la propria versione del mondo.
In questo modo, una nuova ondata di rapper - a cui Ghali ha aperto la strada, e alcuni dei quali hanno firmato per la sua etichetta, la Sto Records - stanno affrontando, spesso con rabbia, un'Italia che non riesce a riconciliarsi con il futuro demografico che l’attende.
Nell'estate 2021, il numero di persone che attraversano il mare ha ricominciato a salire.
Nel novembre di quell'anno, lo scenario rap di Ghali si è trasformato in realtà: lui e Salvini erano entrambi allo stadio di San Siro a tifare per il Milan, seduti uno accanto all'altro.
Dipo che un giocatore nero della squadra ha segnato, Salvini esulta. In un video diventato virale, si vede Ghali imprecare contro Salvini, mentre gli amici cercano di trattenerlo. Gli grida: “Buffone, tu che cazzo esulti? Ha segnato un negro. Un negro come me, come tanti e come tanti di quelli che tu fai morire in mare! Vergognati!"
Subito dopo, Ghali ha iniziato a discutere con Mediterranea su come sostenere la loro missione al di là delle piccole donazioni che aveva già fatto.
Il 19 luglio 2022, Ghali annuncia su Instagram: "Mi sono comprato la barca".
Il carosello fotografico del post include un videoclip di "Mamma" ed estratti di canzoni della sua carriera in cui faceva riferimento o narrava le traversate, l'ultimo dei quali tratto da "Bayna".
Si dà il caso che il giorno dopo il governo italiano è caduto; le elezioni politiche vengono fissate per il settembre. Meloni ha fatto ha incentrato la sua campagna elettorale sull’immigrazione, che in passato aveva assimilato alla sostituzione etnica, promettendo il blocco navale.
Il giorno delle elezioni, Ghali ha votato nella sua vecchia scuola di Baggio, postando su Instagram le foto della scheda elettorale e del passaporto italiano con questo messaggio: “La sfiducia nei confronti della politica italiana e il diritto di voto sono due cose separate. Il diritto di voto è una delle forme più importanti di libertà individuale che abbiamo, e c'è chi prima di noi ha lottato una vita per ottenerlo. Non essere pigro e non trovare scuse”.
Meloni ha vinto con il 26 per cento dei voti, formando una coalizione di governo con il partito guidato da Salvini e da quello dell'ex premier Silvio Berlusconi (scomparso nel giugno 2023).
Con l'arrivo del nuovo anno, la nuova Presidente del Consiglio ha continuato a concentrarsi sulle traversate, emanando il decreto 1/2023, volto a ridurre al minimo il tempo trascorso in mare dalle navi di soccorso. Alla fine di gennaio, ha firmato un accordo sul gas con la Libia da 8 miliardi di dollari che include la consegna di altre cinque motovedette per fermare i tentativi di attraversamento.
Ghali ha commentato su Instagram: “È assurdo pensare che una parte delle tasse che paghiamo come cittadini italiani venga data alle guardie costiere libiche per imprigionare, torturare, schiavizzare e privare di tutti i diritti umani migliaia e migliaia di profughi nei campi di concentramento libici. ... [Dicono] che non sanno cosa succede in Libia una volta che respingiamo queste persone. Tutte bugie, hanno sempre saputo tutto.”
Meloni intendeva trovare un'intesa simile anche con la Tunisia. Si è aperto lo spazio per un simile accordo perché il presidente tunisino, Kais Saied, che nel 2021 ha destituito il primo ministro e successivamente ha sciolto il Parlamento del paese, era ora in grado di agire in modo più autonomo.
Poi, il 21 febbraio, Saied ha tenuto un discorso, spiegando la sua versione della teoria della sostituzione razziale: che esiste una cospirazione per sostituire i tunisini con i migranti neri subsahariani, definiti "orde" che portano il crimine.
La violenza scatenata dal suo discorso ha provocato un’ondata di partenze mosse dal panico. Gli affari sono schizzati alle stelle per i trafficanti di esseri umani.
“Mi vergogno di lui come mi vergogno di Salvini”, dice Ghali.
Nonostante il freddo mare invernale, il 22 febbraio la barca di un contrabbandiere salpa dalla Turchia. Ciascuna delle almeno 185 persone a bordo – per lo più afghani, ma anche iraniani, siriani, pakistani e iracheni – ha pagato circa 8.000 euro per l’imbarco. (Un volo di sola andata da Istanbul a Roma sarebbe costato circa 200 euro.)
Le nuove leggi di Meloni contro le navi di ricerca e soccorso entrano in vigore il giorno successivo e le autorità italiane hanno sequestrato la nave di Medici Senza Frontiere.
La Mare Jonio, con Bayna a bordo, resta ancora confinata nel porto di Trapani.
La notte del 25 febbraio, Frontex, l’agenzia UE per controllo delle frontiere, allerta l'Italia che l'imbarcazione proveniente dalla Turchia è in rotta verso le coste calabresi.
Ma prima dell'alba, con la spiaggia in vista, si spezza in due.
I pescatori vedono i passeggeri fare segnali con le luci dei cellulari e accorrono in aiuto. Trovano già corpi senza vita distesi sulla sabbia.
E’ la spiaggia di Steccato di Cutro, un modesto villaggio che conta 450 abitanti nella bassa stagione. Le sue strade hanno il nome di città e paesi lontani - via Oslo e via Zurigo, via Atene, Dublino, Praga, Barcellona, Tbilisi, Tirana, Niger, Etiopia - come se venissero richiamati turisti da tutto il mondo. Invece i problemi del mondo sono stati gettati a riva.
La tragedia ha scatenato un moto di lutto.
Nella vicina Crotone, la città di 60.000 abitanti dove sono stati trasferiti sopravvissuti e morti, gli italiani hanno reso omaggio alle salme, sfilando in una palestra dove erano disposte le bare, lasciando offerte di animali di peluche per i feretri che ospitavano neonati e bambini piccoli. I membri della famiglia che erano venuti da altri paesi europei si sono accasciati sulle bare.
Sentimenti di angoscia mista a rabbia si sono fatti largo quando è emersa la notizia che le autorità italiane sapevano dell'imminente arrivo della barca e hanno mandato la Guardia di Finanza invece della Guardia Costiera, trattando la nave come un'operazione di polizia piuttosto che una di soccorso. A causa del mare agitato, la finanza è tornata in porto e l'Italia non ha intrapreso ulteriori operazioni.
Invece di salvare vite umane, le autorità locali, regionali e nazionali si sono mobilitate via mare, aria e terra nell'operazione ben più ampia e costosa di recuperare i corpi ancora dispersi. Sulla spiaggia, vicino a un memoriale fatto di detriti del naufragio, sono state installate tende per le salme e gli elicotteri si sono alzati sopra le onde in un'operazione di ricerca.
Parlando quasi un mese dopo il naufragio, il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha parlato delle persone coinvolte nell'operazione di recupero dei cadaveri: "Tutti chiedono supporto psicologico". Ha aggiunto: "Non è facile andare a recuperare i resti di un corpo che è in acqua ormai da giorni".
Quando cosa fare di quei resti è diventato un problema, il sindaco e il consiglio comunale del minuscolo comune di Marcellinara si sono resi conto che, anche se le famiglie volevano che i loro parenti fossero sepolti in Calabria, non c'erano cimiteri di rito musulmano.
Hanno destinato parte del cimitero comunale alle sepolture musulmane. Vittorio Scerbo, il sindaco, lo ha definito "un piccolo gesto". Ripetendo quello che è diventato un motto tra le autorità di Marcellinara, ha detto: “L'abbiamo fatto per i morti; lo possiamo fare anche per i vivi.
Meloni ha imputato la perdita di vite umane agli scafisti.
Ha promesso di porre fine a tali tragedie ponendo fine alle partenze e ha detto che lo farà "pretendendo la massima collaborazione da parte degli Stati di partenza e di origine". Ad aprile ha stretto un accordo sul controllo delle frontiere con la Tunisia.
Il suo governo ha anche firmato un decreto di emergenza che prevede misure che includono l'istituzione di pene più severe per scafisti e trafficanti, la riduzione dei programmi di integrazione e la creazione di più strutture di detenzione e nuovi centri di permanenza destinati ai migranti che attendono l’esito della domanda di asilo (che può richiedere fino a due anni). Il decreto è stato convertito in legge a maggio.
La trasferta di Ghali a Trapani sulla scia di Cutro ha generato interesse per Mediterranea, ma la Mare Jonio è ancora in attesa di ritornare a prestare soccorso.
Per Laura Marmorale, presidente di Mediterranea, l’attivismo di Ghali è rimarchevole. "Non sono molti i personaggi pubblici che si sono fatti avanti a difesa delle operazioni di soccorso civile, affrontando argomenti difficili e divisivi come l'immigrazione o il soccorso in mare", afferma. “Quando qualcuno lo fa, diventa il bersaglio di odio e insulti online e viene attaccato dagli articoli della stampa di destra. Prendere posizione significa mettere in gioco anche la carriera”.
Ghali riconosce le spropositate reazioni ostili, ma dice che le accetta come inevitabili. Ciò che lo delude, dice, è non aver trovato sponda per il suo sostegno a Mediterranea tra quelli che chiama italiani influenti. Quando ha donato Bayna, ha anche avviato una campagna di crowdfunding per acquistare una seconda barca. Chi che ha contribuito generosamente e chi ha amplificato il suo messaggio sui social media, dice, è “stata solo gente come me, figli di immigrati. Questa è la cosa è più preoccupante. Quello che mi chiedo è: devi viverlo sulla tua pelle per accorgertene?
Con l'avvicinarsi dell'estate, sono riprese le traversate, i soccorsi e gli annegamenti; a giugno, la nave di migranti Adriana si è capovolta ed è affondata al largo delle coste della Grecia, uccidendo più di 600 delle circa 750 persone a bordo.
E così sono tornati anche i soliti dibattiti e recriminazioni e le soluzioni essenzialmente inadeguate. A metà luglio, Meloni, Ursula von derLeyen, il capo della Commissione europea, e il primo ministro olandese Mark Rutte si sono recati in Tunisia per annunciare con Saied un altro accordo in cui l'UE essenzialmente pagherà la Tunisia per impedire ai migranti di prendere il mare, mentre diversi dossier documentano gli abusi delle autorità tunisine nei confronti dei migranti neri.
La Mare Jonio deve ancora tornare in mare.
Ghali, che ha recentemente compiuto 30 anni, dice che ha usato il 2023 per ricalibrarsi. In "Pare", canta: “A volte bisogna rinascere per lasciarti indietro cose che poi distruggo perché non distruggano me”. Sta approfondendo la sua conoscenza dell'Islam e durante il Ramadan si è recato per la prima volta in Arabia Saudita, facendo Umrah con la madre; ha incluso Mediterranea nelle sue preghiere.
Fa subito notare, però, che ha sempre creduto in Dio. Ciò che è diverso è che dopo aver dovuto per anni “soffocare le mie origini, tradizioni, credenze per integrarmi in una società che non ti accetta per quello che sei”, oggi le fa trasparire molto più pubblicamente. Avrebbe voluto che ci fosse stato anche un solo italiano famoso a fare lo stesso quando era bambino: "Certi giorni sarebbero stati molto meglio".
A luglio si è recato in Tunisia per la prima volta dall'inizio della pandemia.
Nelle prime ore del mattino prima di partire, ancora sveglio dopo essersi esibito al concerto di un altro rapper a Milano, ha fatto scorrere i messaggi a lungo ignorati su Instagram. Era sbalordito da tutti i messaggi che aveva ricevuto da tunisini che nei mesi precedenti chiedevano il suo aiuto per finanziare la traversata.
In una svolta surreale, tra i messaggi ce n'era uno del giovane che interpretava il protagonista nel video di "Mamma".
Parlando da un caffè in Tunisia arroccato sopra le acque turchesi del Mediterraneo, Ghali ha detto: "Nonostante tutte le cattive notizie che arrivano, nonostante quanto sia pericoloso, le persone attraversano sempre di più il mare e mi chiedono di aiutarle".
Ghali dice che l'argomentazione che sente continuamente ripetere - che, visto che non stanno fuggendo da una guerra, i nordafricani non hanno alcun motivo legittimo per andarsene - non ha alcun senso.
"In Tunisia impari in tenera età che non puoi sognare", ha detto. “Ti disilludono subito dal poter sognare. Cosa fa qui una persona, una persona che si rassegna a non avere più sogni, che smette persino di sognare? Se in Italia puoi sognare, allora i tunisini che vogliono fare qualcosa nella vita partono almeno per poterlo fare, per avere il diritto di sognare”.