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Nel 2022, si prevede l’introduzione di un nuovo meccanismo di cooperazione del Consiglio riguardo la dimensione esterna dell’UE. Un documento riservato ottenuto da migration-control.info mostra che il meccanismo riproduce tendenze più ampie che hanno modellato la dimensione esterna dell’UE per anni.
In seguito alle conclusioni del Consiglio europeo del 16 dicembre 2021 che invitano il Consiglio “a monitorare da vicino l’implementazione rapida ed efficace della politica dell’UE sulle migrazioni esterne, e a darle ulteriore stimolo, se necessario”, è trapelato un documento del Consiglio redatto il 30 dicembre 2021 che fornisce maggiori dettagli su come questo obiettivo sarà reso operativo. Il documento prevede il lancio entro i prossimi dodici mesi di un meccanismo di coordinamento operativo sulla dimensione esterna [all’UE] della migrazione che deve essere collocato all’interno delle tendenze più ampie che modellano la politica europea sulle migrazioni esterne.
Il cosiddetto “Meccanismo di coordinamento operativo per la dimensione esterna della migrazione” (MOCADEM) assicurerà il coordinamento e il controllo dell’attuazione dell’aspetto operativo della politica migratoria esterna dell’UE. Il MOCADEM opera sotto la direzione della presidenza del Consiglio e della direzione strategica del Comitato dei Rappresentanti Permanenti (Coreper), che è anche incaricato del controllo politico dell’applicazione degli accordi che fanno parte della cooperazione operativa europea sulla migrazione. Il MOCADEM preparerà e proporrà azioni operative relative ai mezzi e alle risorse da mobilitare affinché l’UE raggiunga i propri obiettivi riguardo il controllo delle migrazioni in rapporto con i paesi terzi.
Se le relazioni in materia di migrazioni tra l’UE e un terzo stato richiedono un coordinamento e una rapida azione, la Presidenza può organizzare tavole rotonde nel quadro del nuovo meccanismo di cooperazione, che riunisce vari organi preposti del Consiglio, come il Gruppo di Lavoro sugli Aspetti Esterni della migrazione o il Gruppo di Lavoro sui Visti e altri organi competenti, come gli Stati Membri interessati, le agenzie UE o esperti. Le tavole rotonde preparano azioni che possono essere proposte al Coreper.
Il nuovo meccanismo evidenzia l’importante ruolo acquisito dal Coreper e dal Consiglio, sullo sfondo di questioni legate alla migrazione che vengono sempre più contestate dagli Stati membri dell’UE. Il MOCADEM si basa sulla decisione di esecuzione (UE) n° 2018/1993 del Consiglio che istituisce il Dispositivo Integrato di Risposta Politica alle Crisi (IPCR). L’articolo 6 (1) di questa decisione mette il COREPER al centro dei meccanismi di coordinamento del IPCR:
“Al fine di garantire la coerenza delle politiche e delle azioni dell’Unione, il COREPER deve essere il livello predefinito al quale affidare la supervisione dell’attuazione delle disposizioni dell’IPCR. La Presidenza deve trasmettere senza indugio al COREPER le informazioni sui principali aspetti della crisi e della procedura prevista”.
Gli esperti delle istituzioni dell’UE hanno descritto il Coreper come “il luogo per stringere gli accordi”. Il Coreper è nato come un forum diplomatico con riunioni regolari avente il compito di preparare il Consiglio dei Ministri. In seguito alle restrizioni di viaggio che impattano il lavoro delle istituzioni dell’UE, il ruolo e l’importanza del Coreper sono cresciuti ulteriormente. Nel frattempo, le riunioni del Coreper vengono criticate regolarmente dalle organizzazioni a causa della loro mancanza di trasparenza e composizione, essendo esse “costituite da diplomatici o funzionari non eletti che (spesso) si incontrano in privato”.
Indice:
1 MOCADEM e tendenze più ampie nella dimensione esterna dell’UE
1.1 Catalizzare e razionalizzare gli interessi bilaterali in materia di migrazione
1.2 Focus operativo
1.3 Strumentalizzazione dell’aiuto umanitario?
1.4 Schemi gestionali a lungo termine basati su strategie “emergenziali”
MOCADEM e tendenze più ampie nella dimensione esterna dell’UE
Oltre a quanto già detto, molti dei punti sollevati dal documento trapelato del Consiglio rispecchiano tendenze proprie della cooperazione UE in materia di migrazione esterna. Queste includono l’attenzione alla messa in comune e alla razionalizzazione delle strategie degli Stati Membri (SM), una crescente enfasi operativa, l’uso di altri settori di policy/gestione per raggiungere gli obiettivi di controllo della migrazione, e l’uso di quadri giuridici di crisi in contesti non critici.
Catalizzare e razionalizzare gli interessi bilaterali in materia di migrazione
Il rafforzamento della cooperazione tra diversi attori coinvolti nella dimensione esterna dell’UE è stata una priorità chiave dei diversi quadri politici che si occupano di tale dimensione, a partire dal lancio dell’Approccio Globale alla Migrazione (GAM), il primo schema generale sulla dimensione esterna dell’UE, nel 2005. Nell’ambito del GAM sono stati avviati i cosiddetti partenariati per la mobilità (MP). Questi partenariati costituiscono un ombrello istituzionale sotto il quale gli Stati membri dell’UE raggruppano incentivi e strategie di negoziazione, soprattutto per ottenere concessioni relative all’espulsione da un cosiddetto terzo stato.
Questa enfasi sull’inizio di cooperazioni degli Stati membri con i cosiddetti stati terzi è stato un elemento ricorrente in altre strategie politiche, come le Agende Comuni sulla Migrazione e la Mobilità (CAMM), promosse nell’ambito dell’Approccio globale alla Migrazione e alla Mobilità nel 2011, così come i cosiddetti Patti per la migrazione, introdotti nell’ambito della Nuova Struttura di Partenariato con i paesi terzi, in seguito alla cosiddetta crisi migratoria del 2015. I patti per la migrazione miravano a garantire uno sforzo maggiormente concertato nella dimensione esterna dell’UE, mettendo insieme i diversi punti di forza degli Stati membri dell’UE per realizzare una strategia comune con 16 paesi prioritari a lungo termine e cinque prioritari a breve termine. Nel loro insieme, questi patti miravano a “massimizzare l’effetto sinergico delle politiche interne ed esterne dell’Unione”.
Contemporaneamente, è stato lanciato il ruolo dell’Ufficiale di Collegamento UE per la Migrazione (EMLO). L’EMLO ha sede presso le delegazioni dell’UE e coordina i diversi stati membri nelle loro iniziative concernenti le migrazioni. Nonostante tali sforzi, nel Nuovo Patto (ovvero l’ultimo quadro di politiche migratorie dell’UE) è stata nuovamente ribadita la necessità di rafforzare la cooperazione tra gli stati membri dell’UE. Nel Nuovo Patto si afferma:
“L’impegno a livello UE da solo non è sufficiente: un coordinamento efficace tra il piano UE e gli stati membri è essenziale su tutti i livelli: bilaterale, regionale e multilaterale. La comunicazione coerente tra l’UE e gli stati membri riguardo la migrazione da un lato e la collaborazione con i partner dall’altro si sono dimostrate fondamentali per mostrare l’impegno comune dell’UE. L’UE dovrebbe in particolare attingere all’esperienza e alle relazioni privilegiate di alcuni stati membri con partner strategici – l’esperienza ha mostrato che la chiave del successo risiede nel pieno coinvolgimento degli Stati membri nei partenariati UE sulla migrazione, anche attraverso la messa in comune di fondi e competenze attraverso i vari Fondi Fiduciari UE”.
Quindi, il lancio del MOCADEM deve essere collocato all’interno dei continui sforzi dell’UE per costruire una strategia più coerente e ottimizzata tra i suoi stati membri. Questo è considerato importante non solo perché si prevede che questo comporti una maggiore influenza su un cosiddetto stato terzo, ma anche perché gli stati membri dell’UE, perseguendo i loro interessi bilaterali, hanno ostracizzato in passato le iniziative dell’UE, soprattutto al momento dei negoziati sulle deportazioni. Questo si è verificato ad esempio nel caso del Senegal, in rapporto al quale è stato ben documentato il fallimento degli sforzi dell’UE per concludere un Partenariato sulla Migrazione in seguito alla crisi delle Isole Canarie.
Focus operativo
L’enfasi da parte del MOCADEM sulla necessità di facilitare le attività operative evidenzia un’altra tendenza nella dimensione esterna dell’UE. Dalla conclusione del famigerato Patto con la Turchia dell’UE nel 2016 – un accordo politico non vincolante sotto forma di dichiarazione di stampa –, la coordinazione informale sulle politiche migratorie è diventata nuovamente il modus operandi, soprattutto per quanto riguarda le deportazioni. In queste, qualsiasi forma di cooperazione bilaterale e multilaterale è spesso fortemente contestata nei cosiddetti paesi terzi, onde per cui gli accordi informali e non trasparenti sono più semplici da stringere, in quanto la società civile e i movimenti sociali spesso ne restano all’oscuro. Dopo l’accordo con la Turchia, l’UE ha stipulato accordi operativi informali per i rimpatri con una serie di stati, tra cui l’Afghanistan, il Bangladesh, l’Etiopia, il Gambia, la Guinea e la Costa d’Avorio. L’ultima cooperazione con l’Iraq sul sedicente ritorno volontario per le persone bloccate al confine polacco e bielorusso costituisce un altro pericoloso precedente sulla strada di una cooperazione non trasparente sulle politiche di rimpatrio, che violano le garanzie legali dell’Unione stessa contro i respingimenti.
Se l’accordo dell’UE con la Turchia è stato fortemente criticato per aver minato la legittimità democratica, non garantendo i diritti umani e deteriorando gli standard di protezione, gli accordi di rimpatrio informali sono stati criticati anche più radicalmente. Il Parlamento Europeo, che nel 2021 ha approvato un rapporto a tal riguardo, ha scoperto che gli accordi informali di rimpatrio comportano:
“(…) l’assenza di adeguati meccanismi di rendicontazione, monitoraggio, valutazione e di rendicontazione del proprio operato [utilizzabili] per monitorare i casi individuali e per reagire a potenziali violazioni, così come [comportano] la mancata disponibilità di rimedi giudiziari efficaci per le persone i cui diritti sono stati presumibilmente violati. I deputati sottolineano che i diritti dei richiedenti asilo dipendono intrinsecamente dalla possibilità di sottomettere a giudizio di un tribunale le presunte violazioni dei diritti umani.”
Nel frattempo, l’accento sulla cooperazione operativa è stato spostato al di là della cooperazione per il rimpatrio. Sulla base del Nuovo Patto, il Piano d’Azione dell’UE contro il Traffico di Migranti che è stato adottato nel 2021 afferma che si dovrebbero concludere i cosiddetti Partenariati Operativi Contro il Traffico.
Secondo il Piano d’Azione, questi partenariati dovrebbero costituire una parte integrante dei “partenariati generali [dell’UE] in materia di migrazione con paesi di origine e di transito”. I Partenariati Operativi Anti-Traffico includeranno alcuni o tutti i seguenti aspetti: costruzione della competenza giuridica, assicurando un’implementazione di strutture giuridiche attraverso lo sviluppo di politiche, strategie e piani d’azione a livello nazionale, regionale e continentale; sviluppo delle competenze delle autorità nazionali e locali; costruzione o rafforzamento di centri di coordinamento; formazione della capacità dei paesi partner nella gestione dei confini; fornitura di supporto operativo per l’applicazione della legge e per la cooperazione giuridica; rafforzamento della cooperazione con i paesi terzi contro i furti di identità e i documenti falsi; lancio di campagne di sensibilizzazione; sostegno per affrontare i problemi di sicurezza legati al traffico di migranti; così come, infine, il dialogo e il coordinamento continui su ciò che è qui considerato “il nuovo fenomeno di strumentalizzazione della migrazione da parte degli stati”.
Strumentalizzazione dell’aiuto umanitario?
Il documento trapelato sull’istituzione del nuovo “Meccanismo Operativo di Coordinamento per la Dimensione Esterna della Migrazione” sottolinea l’importanza di utilizzare altri settori politici come leva per raggiungere gli obiettivi di controllo della migrazione verso i paesi non-UE. Il documento descrive così le “azioni operative”:
“Qualsiasi azione che, nelle relazioni dell’UE con paesi non-UE, possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione nel campo delle migrazioni, tra cui: un approccio politico o diplomatico, un’azione di sostegno al paese terzo coinvolto, anche nel rafforzamento delle competenze o degli aiuti umanitari, la mobilitazione di qualsiasi leva disponibile, ad esempio il sostegno finanziario, o la gestione dei visti o qualsiasi altra politica”. (enfasi nostra)
L’uso di diverse sfere politiche e amministrative per raggiungere obiettivi di controllo delle migrazioni nei confronti di cosiddetti paesi terzi è stato parte integrante della dimensione esterna della migrazione dell’UE fin dal Consiglio di Tampere del 1999 che, durante la crisi del Kosovo, ha evidenziato come un approccio “generale” alla migrazione deve affrontare anche questioni politiche, di sviluppo e di diritti umani nei sedicenti “paesi terzi”. Tuttavia, la novità e il fattore preoccupante nel documento MOCADEM trapelato è che per la prima volta l’aiuto umanitario è esplicitamente menzionato come un’azione che può contribuire al raggiungimento degli obiettivi politici dell’UE.
All’indomani della cosiddetta crisi migratoria del 2015, se da un lato era stata posta una nuova enfasi sull’utilizzo di aree non necessariamente di politica migratoria, d’altro lato venivano esplicitamente escluse le politiche umanitarie. Per esempio, lo schema del nuovo partenariato (New Partnership Framework) del 2016 affermava che: “La prossimità, lo sviluppo e il commercio non sono le uniche politiche rilevanti per supportare i patti, seppur considerati potenzialmente efficaci. Nessuna politica di gestione dovrebbe esulare da tale impostazione”. Allo stesso tempo, tale documento sottolinea chiaramente in una nota che le politiche umanitarie sono escluse da questa precondizione, in linea con i principi umanitari.
Allo stesso modo, il Nuovo Patto del 2020 propone di formalizzare alcuni dei meccanismi di stimolo ottenuti collegando la migrazione con altre aree di gestione, ma esclude esplicitamente le politiche umanitarie dalle risoluzioni riguardanti le migrazioni. Il Nuovo Patto prevede l’inaugurazione di due meccanismi di contrattazione formalizzati. Il primo consiste nella valutazione annuale della Commissione UE sui visti in linea con il Codice UE dei Visti (EU Visa Code), attraverso il quale possono essere proposte misure restrittive o favorevoli sui visti a seconda del grado di cooperazione nell’espulsione. Il secondo, proposto nel Nuovo Patto e ulteriormente delineato nel Regolamento sulla Gestione dell’Asilo e della Migrazione (RAMM), prevede un’analisi della Commissione che, in caso di obiettivi europei di espulsione non raggiunti con un determinato paese non-UE, potrebbe suggerire misure nei confronti di tale paese, incluso un riesame generale delle relazioni. È importante notare che il Nuovo Patto sottolinea nuovamente ed esplicitamente che l’aiuto umanitario deve essere escluso dalle condizioni. Esso afferma che: “Il compito dell’UE nell’affrontare le emergenze e le necessità umanitarie si basa su principi di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza”. Quindi, ufficialmente questo cambio di paradigma costituisce un pericoloso precedente che mina ulteriormente i principi umanitari e deve essere attentamente monitorato. Nel complesso, rientra nella tendenza di ampliamento delle aree di cooperazione bilaterale da subordinare alle strategie di controllo UE della migrazione.
Schemi gestionali a lungo termine basati su strategie “emergenziali”
Infine, il funzionamento di MOCADEM è costruito emulando il meccanismo europeo integrato di risposta alle crisi politiche, come indicato nella Decisione Esecutiva del Consiglio (UE) n° 2018/1993. Tuttavia, il documento del Consiglio trapelato sottolinea che il MOCADEM differisce “nel suo scopo, nella misura in cui il nuovo dispositivo è destinato a trattare le relazioni con i paesi terzi in materia di migrazioni”, – e non le crisi.
Questa non è la prima volta che nel contesto delle politiche migratorie gli strumenti emergenziali e di crisi sono stati mobilitati al di fuori del loro ambito originario per piegare i quadri giuridici per perseguire interessi politici e strategici. Un altro esempio eclatante in questa direzione è l’adozione del Fondo Fiduciario Europeo per l’Africa (EUTF), che, secondo quanto riferito, poggiava sulla dichiarazione (“legale”) della “crisi” in 26 paesi africani per tutta la durata della sua attuazione. Solo l’evocazione di questa finzione giuridica ha reso legalmente possibile l’avvio dell’EUTF.
Per dare un senso al modo in cui la crisi viene utilizzata – sia in contesto giuridico che sul piano discorsivo – per costruire pratiche di routine di contenimento e controllo, sono utili le seguenti parole degli studiosi Julien Jeandesboz e Polly Pallister-Wilkins:
“Quando analizziamo gli scenari di crisi e le procedure consuete di controllo, scopriamo che le due, la crisi e la routine, sono da concepite più proficuamente come nozioni relazionali con repertori di pratiche coincidenti piuttosto che assunzioni epistemologiche disgiunte nello studio della sicurezza, delle migrazioni e delle politiche di confine”.
Le nozioni relazionali di crisi e di consuetudine diventano qui ancora una volta evidenti: i quadri giuridici preposti a rispondere alle “crisi”, sono utilizzati per consentire l’operatività della governance quotidiana della migrazione esterna, che paradossalmente produce crisi multiple per coloro che ne sono colpiti, sia a livello personale che a livello collettivo. Queste pratiche di routine nella dimensione esterna dell’UE si basano su molteplici elementi costitutivi, compresi quelli discussi qui, che sono stati rafforzati nel corso del tempo.
La prima Presidenza del Consiglio Europeo che farà uso del MOCADEM è la Francia, che ha assunto questo ruolo nel gennaio di quest’anno. Un documento pubblicato da Statewatch riassume le priorità migratorie che tale paese perseguirà per tutta la durata della sua presidenza. La Francia spinge fortemente per un approccio più incentrato sulla sicurezza, che abbracci logiche manageriali di contenimento e che focalizzi le relazioni con gli stati terzi su questioni di rimpatrio e riammissione. Quindi, il dispositivo MOCADEM è probabile che funzionerà come un altro strumento per dispiegare le vele verso la stessa destinazione: uno sforzo per costruire pratiche concertate e di routine di contenimento razzista.
Traduzione da lingua inglese dell’articolo originale “All sails set for more of the same: Leaked EU Document on the Operational Coordination Mechanism for the External Dimension of Migration” apparso su Migration-Control.info