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Mediterranea with Palestine - 2025.
Torna il progetto Mediterranea with Palestine
Oggi è iniziata la seconda fase operativa del progetto “Mediterranea with Palestine”, con l’arrivo dellǝ primə attivistǝ di Mediterranea Saving Humans nel villaggio di At-Tuwani, nella Masafer Yatta, la zona rurale a sud di Al Khalil (in ebraico Hebron), una regione dove la popolazione di una decina di villaggi, pari a circa 1200 persone, da 50 anni pratica una forma di resistenza nonviolenta contro l’occupazione israeliana.
Dopo una prima fase operativa del progetto, durata dal 19 giugno al 30 agosto 2024, il progetto “Mediterranea with Palestine” continua con una nuova fase, che si protrarrà fino a dicembre 2025 qualora le condizioni lo permettano. Continueremo ad essere sul campo a sostegno del movimento palestinese Youth of Sumud e del corpo di pace Operazione Colomba in un’azione di interposizione nonviolenta contro le politiche delle forze di Occupazione israeliane nei Territori Occupati della Cisgiordania. Attiveremo, inoltre, un osservatorio internazionale che raccolga dati e testimonianze sul campo al fine di elaborare un report semestrale sulle violenze e le violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione palestinese nell’area.
Il colonialismo israeliano viola il diritto internazionale
Dal 7 ottobre 2023, in seguito all'uccisione di 1194 persone tra civili e militari, in gran parte israeliane, e la presa in ostaggio di altre 250 da parte di Hamas e altre milizie palestinesi, 45.936 sono state uccise (dati UNRWA al 13 gennaio 2025) dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, in cui anche le zone definite umanitarie, dove la popolazione civile dovrebbe potersi rifugiare in caso di attacchi, vengono sistematicamente bombardate. Inoltre Israele rende pressoché impossibile l’accesso alla Striscia di Gaza a qualunque organizzazione umanitaria, sia essa istituzionale o della società civile internazionale, aggravando una terribile emergenza umanitaria, che si sostanzia in una carenza di ogni bene di prima necessità (acqua, cibo, assistenza medica, rifugio).
Dopo le indagini aperte in primavera, anche la Corte Penale Internazionale ha condannato il Premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Gallant nonché Mohammed Deif, comandante delle Brigate Al-Qassam, la forza militare di Hamas a Gaza, per crimini contro l'umanità, spiccando tre mandati di arresto internazionale nei loro confronti. L’insieme di queste politiche criminali dello Stato d’Israele e le prove che sono state raccolte da diverse importanti organizzazioni non governative internazionali, tra cui Amnesty International, ci porta a definire genocidio ciò che sta compiendo Israele nella Striscia di Gaza. La politica aggressiva di Israele non si manifesta solamente a Gaza, ma prende di mira anche i Paesi e le popolazioni arabe della regione, come dimostrato dagli attacchi israeliani contro Libano, Siria e Yemen. Questo progetto coloniale è ben esemplificato dall’Occupazione della Cisgiordania che dura dal 1967 e dove Israele porta avanti da decenni una lenta ma costante pulizia etnica - anche in questo caso inaspritasi dopo il 7 ottobre 2023- ai danni della popolazione palestinese.
Nei mesi scorsi, le violenze da parte dei coloni e dell’esercito israeliano sono state sempre più frequenti, come avvenuto -solo due tra i purtroppo frequenti attacchi alla popolazione civile palestinese- ad agosto a Jit e a settembre a Beitia, vicino a Nablus, dove è stata uccisa l’attivista internazionale Aysenur Ezgi Eygi da un soldato israeliano, o con ampie “operazioni antiterrorismo”, come quella che ha ucciso 36 persone in una settimana a Jenin a cavallo di agosto e settembre 2024. Ciò accade in un contesto in cui la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato illegali le colonie e gli avamposti nei Territori Occupati della Cisgiordania. Tuttavia, tramite continue e sistematiche violazioni del diritto internazionale, il Governo israeliano ha continuato il suo progetto politico coloniale grazie a espropri di terra, demolizioni di abitazioni ed edifici palestinesi e l’uso massiccio dello strumento della detenzione amministrativa, oltre che all’uso sistematico della tortura nelle sue carceri, come dimostrato dalla ONG israeliana B’Tselem.
Masafer Yatta, un esempio di pulizia etnica
Come abbiamo potuto osservare sul campo durante la prima fase del progetto “Mediterranea with Palestine”, la regione della Masafer Yatta, come le altre zone rurali che si trovano in Area C, è stata, fin dagli anni successivi agli Accordi di Oslo, obiettivo della colonizzazione israeliana non solo tramite forme di violenza fisica, ma anche tramite strumenti giuridici, tra cui un sistema giudiziario fondato sulla razzializzazione dellǝ Palestinesǝ, la creazione di “firing zone”(ossia “zone militari chiuse”, teoricamente dove svolgere esercitazioni militari, ma usate da Israele nella pratica per giustificare l’esproprio di terre) e l’impossibilità de facto per la popolazione palestinese di accedere ai permessi per costruire sulle proprie terre, creando quello che può essere definito a tutti gli effetti un sistema basato sull’apartheid. Tuttavia, per la loro posizione geografica al confine con la Green Line (il confine tra i Territori Occupati e lo Stato d’Israele propriamente detto), le colline a sud di Al Khalil sono da anni prese di mira dall’espansionismo coloniale israeliano, in particolare dopo il 7 ottobre 2023.
A differenza di quanto accade nel nord della Cisgiordania e soprattutto nella Striscia di Gaza, da decenni in questi territori, la violenza israeliana è a intensità continua, al fine di rendere impossibile la quotidianità della vita della comunità palestinese con l’obiettivo, da un lato, di impedire l’accesso e la fruizione delle fonti di sostentamento (impedire la raccolta delle olive, minacciare e attaccare costantemente pastori e greggi, uccidere capre e pecore, avvelenare i campi, danneggiare cavi elettrici e tubature), dall’altro di colpire e spaventare direttamente le persone (minacciando e ferendo lǝ abitantǝ, espropriando le terre) al fine di spingere la popolazione palestinese a lasciare questi territori e rifugiarsi nelle città-ghetto in Area A. Nella maggior parte dei casi, questi attacchi vengono compiuti dai coloni con la complicità delle forze d’Occupazione istituzionali (polizia, esercito, border police), che spesso assistono alle violenze senza intervenire oppure facendolo solo per perseguire la popolazione locale, come avvenuto lo scorso 19 luglio presso Shaeb al Botom.
Il 29 maggio scorso, il Governo israeliano ha trasferito numerosi poteri legali e militari dall’esercito all’amministrazione civile nei Territori Occupati della Cisgiordania, dove questa è de facto nelle mani dei coloni. Decisione che ha ulteriormente accelerato l’escalation di violenza avvenuta dopo il 7 ottobre poiché i coloni da una parte possono esercitare poteri prima esclusivi dell’esercito, creando in una zona d’ombra giuridica la figura del colono-soldato (solitamente coloni che fungono da riservisti dell’esercito), e dall’altra godere di una pressoché totale impunità per qualsiasi tipo di azione compiano grazie alla complicità delle autorità israeliane.
In questo contesto, la resistenza nonviolenta basata sul concetto di Sumud (“perseveranza” in arabo), è intrinsecamente legata all’amore per la propria terra, quella terra che la popolazione palestinese non vuole lasciare e che i coloni vogliono sottrarre con qualsiasi mezzo a loro disposizione. Noi, come Mediterranea, vogliamo sostenere questa forma di resistenza, senza imporre la nostra volontà e la nostra azione, ma diventando strumento a disposizione della popolazione civile palestinese in Masafer Yatta.
La necessità di un osservatorio internazionale
Come già accaduto questa estate, nei prossimi mesi saremo dunque nel villaggio di At-Tuwani per affiancare la popolazione civile palestinese ed effettuare attività di interposizione contro le azioni delle forze di Occupazione israeliane assieme ad Operazione Colomba, che ci ha messo a disposizione le competenze maturate in 20 anni di presenza nella regione, e il movimento di resistenza nonviolenta palestinese -in particolare Youth of Sumud- con il quale cui collaborano anche tante altre realtà internazionali e israeliane, tra cui Ta’ayush.
Nell’attuale contesto locale e internazionale, in cui Israele, con la complicità della comunità internazionale e in particolare con l’attivo sostegno dei Paesi occidentali, viola impunemente il diritto internazionale e i diritti umani della popolazione palestinese, noi come Mediterranea vogliamo affiancare all’interposizione nonviolenta una ulteriore e complementare forma di attivismo sul campo: creare un osservatorio internazionale che documenti le violazioni dei diritti umani e i crimini contro l'umanità che le forze di Occupazione compiono nella Masafer Yatta.
Durante la prima fase del progetto “Mediterranea with Palestine” siamo statǝ testimoni di un processo di "targetizzazione" dellǝ attivistǝ internazionali con arresti da parte della polizia e violenti attacchi dei coloni, come avvenuto nell’attacco avvenuto la notte tra il 3 e il 4 luglio scorso presso il villaggio di Khallet at Daeba. Come confermato anche dalle dichiarazioni del ministro per la Pubblica Sicurezza Ben Gvir, che la scorsa primavera ha creato un task force interna alla polizia israeliana per colpire la presenza di attivistǝ internazionali, il Governo israeliano vuole eliminare qualsiasi forma di attivismo internazionale a sostegno del popolo palestinese all’interno dei Territori Occupati. Il motivo è molto chiaro: la pulizia etnica compiuta dalle Forze d’Occupazione non deve essere raccontata da testimoni scomodi, che non solo sfruttano il loro passaporto privilegiato per compiere azioni di interposizione, ma anche la loro voce per denunciare in Italia, in Europa e nel mondo i crimini che Israele commette ai danni della popolazione palestinese.
Perciò, la seconda fase di “Mediterranea with Palestine” sarà caratterizzata dalla creazione e l’attivazione costante di un osservatorio internazionale strutturato tramite la catalogazione di episodi, necessità e tendenze demografiche nell’area. Documenteremo ogni tipo di sopruso e violenza compiuto dalle forze di Occupazione, dalle invasioni di proprietà private a scopo intimidatorio fino alle aggressioni fisiche contro la popolazione palestinese e lǝ attivistǝ internazionali, passando per il furto e l’uccisione di bestiame, gli incendi ai campi e agli edifici e la demolizione di abitazioni nei villaggi palestinesi.
Le testimonianze, i dati e le prove raccolte saranno rielaborati in un report semestrale da presentare a vari livelli di istituzioni italiane, europee e internazionali al fine di fornire una panoramica complessiva e dettagliata su ciò che sta accadendo nella regione del Masafer Yatta e spingere le nostre istituzioni ad agire.
Per questo, come facciamo da anni nel Mediterraneo con puntuali azioni di documentazione e denuncia delle violazioni dei diritti umani delle persone in movimento, allo stesso modo saremo in Palestina per testimoniare e denunciare sistematicamente i crimini contro l’umanità che Israele compie nei Territori Occupati della Cisgiordania.
La possibilità che una persona anneghi senza che nessunǝ possa testimoniarlo, senza che nessunǝ abbia fatto nulla per soccorrerla, solo perché con il suo passaporto non può esercitare la sua libertà di movimento, è inaccettabile. Allo stesso modo, è inaccettabile che una persona veda i suoi diritti umani violati solo perché palestinese e che il suo popolo non abbia diritto alla pace, alla giustizia e all’autodeterminazione.
Perché Mediterranea vuole essere là dove bisogna stare.