A cura di Mediterranea with Palestine | 17 / lug / 2025

L'osservatorio internazionale di Mediterranea with Palestine in Masafer Yatta

Rapporto di metà anno - Gennaio-Maggio 2025

Il progetto Mediterranea with Palestine, presente in modo continuativo nei villaggi palestinesi della regione di Masafer Yatta, nella Cisgiordania meridionale, ha avviato da gennaio 2025 un'attività di monitoraggio delle violazioni dei diritti umani e dei crimini commessi dalle forze di Occupazione israeliane. Attraverso la raccolta sistematica di dati e testimonianze, il progetto mira a documentare l'oppressione subita dalla popolazione civile palestinese, a cui gli attivisti di Mediterranea assistono quotidianamente.

Il rapporto di metà anno, che anticipa un rapporto annuale più esteso, presenta i risultati dei primi 129 giorni di monitoraggio, dal 23 gennaio al 31 maggio 2025. Le informazioni raccolte si basano sulla presenza costante e l'azione di interposizione nonviolenta dei nostri attivisti in supporto alla popolazione palestinese.

Le 838 violazioni documentate in 27 villaggi palestinesi in poco più di quattro mesi (riportate nella Tabella 1), distribuite in modo capillare su tutta l’Area C, dimostrano come ciò che accade nei Territori occupati sia il frutto di una strategia deliberata e centralizzata di pulizia etnica ai danni della popolazione palestinese residente, che si fonda su un’azione coordinata e complementare tra forze dell’ordine israeliane -esercito e polizia- e coloni. Nulla di ciò che accade è episodico.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle violazioni documentate (Figura 1), la maggiore concentrazione di eventi si registra nelle aree di Susiya (150), Tuwani (93), Umm Dhorit (87) e Khallet Athaba (83): questi quattro villaggi da soli raccolgono il 49% degli episodi registrati. Si tratta di villaggi che si trovano in posizioni strategiche per il progetto di espansione coloniale israeliana: sono situati molto vicini o circondati da colonie israeliane, al limite o all’interno della Firing Zone 918 (zona di addestramento militare), in prossimità o lungo le vie di collegamento tra centri abitati palestinesi.

Figura 1 - Mappa delle violazioni

Se la pulizia etnica può essere ricondotta al disegno coloniale di appropriazione esclusiva della terra, il primo tassello del suo compimento va ricercato nell’invasione della proprietà privata palestinese. Non è un caso, quindi, che la violazione numericamente più significativa tra quelle registrate sia l’invasione delle proprietà palestinesi a scopo intimidatorio o di molestia da parte dei coloni.

Tabella 1 - Distribuzione delle violazioni per categoria

L’invasione di proprietà è spesso però anche un’avvisaglia del fatto che qualcosa di più grave sta per accadere. In 147 dei 409 casi documentati -oltre un episodio su tre- l’invasione è stata accompagnata da violazioni di altro tipo, come atti di intimidazione verbale o armata da parte delle forze di Occupazione, aggressioni da parte dei coloni, arresti dei palestinesi presenti nella proprietà, incendi o danneggiamenti a terreni, piante, sistemi di irrigazione o di beni di altro tipo (Figura 2).

Figura 2 - Frequenza relativa degli eventi che accompagnano un'invasione di proprietà privata (casi totali 147)

In 136 episodi di violazione da parte dei coloni è stata registrata la presenza sul posto delle forze di polizia israeliane. Queste, in quanto forza occupante, avrebbero il dovere di garantire i diritti della popolazione sottoposta all’Occupazione, eppure nel periodo di monitoraggio non hanno mai sanzionato formalmente gli autori delle violazioni. Al contrario, nella maggioranza dei casi, la polizia, che in ogni caso con la propria mera presenza contribuisce al processo di oppressione e violazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, si è resa direttamente o indirettamente responsabile di ulteriori atti di violenza nei confronti della popolazione palestinese (Figura 3).

Figura 3 - Frequenza relativa dell'intervento delle forze di polizia (totale casi: 136)

Altre violazioni analizzate, che consideriamo significative anche se meno frequenti, sono l’imposizione di blocchi stradali e la creazione di nuovi avamposti. Essi rappresentano rispettivamente la negazione della libertà di movimento dei palestinesi e lo stadio finale dell’occupazione di terre palestinesi. Due elementi fondamentali nel modellare il sistema di apartheid nei Territori occupati, volto a continuare l’opera di pulizia etnica ai danni dei palestinesi.

A ulteriore riprova del fatto che le azioni dei coloni e delle forze dell’ordine israeliane siano coordinate e mirino alla pulizia etnica in Masafer Yatta, nel rapporto riportiamo quattro casi, scelti perché presentano alcune caratteristiche che li rendono emblematici delle quotidiane violazioni dei diritti umani subite dalla popolazione palestinese: l’elevato livello di violenza, la targhettizzazione di un singolo villaggio, famiglia o attivista, la posizione strategica dei villaggi colpiti.

Nel villaggio di Tuba, alle violenze dei coloni si è accompagnata una targhettizzazione degli attivisti internazionali per eliminare testimoni scomodi dei crimini dell’Occupazione. A Jinba si è assistito a un palese coordinamento operativo tra coloni ed esercito, volto a terrorizzare la popolazione residente. Khallet Athaba è il più significativo esempio della pulizia etnica in corso in Masafer Yatta, attuata prima tramite le demolizioni delle abitazioni palestinesi e successivamente con l’occupazione del villaggio da parte dei coloni. Infine, l’esempio di Ar Rakeez racconta di un'escalation di violenza coordinata tra forze dell’ordine e coloni, che ha causato il grave ferimento del palestinese Shaikh Saeed al-Amor.

In questo periodo storico particolarmente complesso, la comunità palestinese è ben consapevole delle difficoltà che dovrà affrontare nel futuro a breve e medio termine, e sa che potrà rimanere sulle proprie terre solamente resistendo ogni giorno. È solo tenendo a mente questa tenacia e questo faticoso rifiuto di piegarsi alla volontà dell’Occupazione che i dati presentati in questo rapporto possono essere letti in maniera completa.

Uno straordinario esempio di resistenza è quello di Ali, 86 anni, che ha sempre abitato nel villaggio di Khallet Athaba e ora vive con i coloni accampati sulla sua terra. Ali ha deciso di sedersi davanti al luogo dove sorgeva casa sua, ora demolita. Con parole semplici e dirette, ha espresso il senso della resistenza: "Sono nato qui prima che Israele esistesse, la mia famiglia possiede questa terra da generazioni. Ora come possono cercare di cacciarmi, dicendomi che non è più mia?"

Khallet Athaba, 2 giugno. Ali seduto di fronte a un gruppo di coloni che banchettano sulle macerie della sua casa demolita
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