A cura di Mattia Ferrari | 07 / nov / 2023

Quelle torture nei lager libici e le nostre coscienze anestetizzate

Articolo Inizialmente pubblicato su “La Stampa” di lunedì 6 novembre 2023.

“Vi supplichiamo, aiutateci!”: è il grido che nuovamente arriva in queste ore a tutta l’Europa dai migranti torturati nei lager libici. Refugees in Libya sta diffondendo nuove testimonianze, con tanto di video, in cui giovani migranti vengono torturati e implorano aiuto. Due sono ragazze: Lewam e Mercy, entrambe eritree, entrambe sotto costante tortura nel tentativo di estorcere loro 12.000 dollari. Il terzo è un minorenne: Kidaneh, prigioniero in Libia da 4 mesi, dove è stato ridotto alla fame. Nel video appare a mani giunte con al collo una piccola croce. Icarcerieri chiedono 7.500 dollari per liberarlo. Viene torturato con l’elettroshock. Un altro video mostra un giovane, Kibrom, originario dell'Etiopia, mentre urla tra le torture. Così come urlamentre viene violentemente picchiato Adam, di 16 anni. Anche per lui i torturatori chiedono un alto 12mila dollari. Gli attivisti hanno contattato le autorità di Tripoli perché soccorrano i migranti torturati e hanno trasmesso alla polizia anche i filmati, ma non hanno ottenuto risposte.

Il grido di queste persone arriva alle nostre coscienze. Questi non sono solo nostri fratelli e sorelle in umanità in fuga da guerre e ingiustizie in cui i nostri Paesi e le nostre economie sono in vario modo coinvolti, ma sono per giunta prigionieri di un sistema che dai nostri Paesi viene lautamente finanziato.

Il lager di Bani Walid, dove si trovano i migranti di questi video, è sotto il controllo del Dipartimento per il Controllo dell’Immigrazione Illegale, che nonostante sia diretto da uno dei superboss della mafia libica, Mohamed Al Khoja, è finanziato dall’Unione Europea. Inoltre molti migranti in Libia si trovano nei lager in seguito al respingimento operato in mare dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica, che dopo averli catturati li consegna nelle mani dei miliziani, come ha denunciato di recente il report dell’ONU. È l’Italia ad allestire e finanziare questi respingimenti, sulla base degli accordi Italia-Libia del 2017, per la stesura dei quali, come ha dimostrato Nello Scavo, furono portati in Italia superboss della mafia libica come Bija. La nostra responsabilità in queste torture è altissima. Le nostre coscienze però sembrano anestetizzate.

Papa Francesco denuncia: l’indifferenza uccide. I video diffusi da Refugees in Libya portano una richiesta esplicita: “Vi supplichiamo, aiutateci!”. Saremo capaci di ascoltare questo grido e di agire? Del resto la società che si chiude, respingendo queste persone o abbandonandole, insegue un miraggio di felicità che non può raggiungere.

Non siamo una società felice, siamo una società in cui, come ha raccontato di recente La Stampa, crescono i disturbi mentali, perché siamo prigionieri di un paradigma individualista che ci illude che raggiungeremo la felicità nella competizione, nel profitto, nel benessere individuale. Mentre ci sono tantissime esperienze di accoglienza vera in tutta Italia dove le persone sono veramente felici, chi è accolto e chi accoglie. Perché la fraternità con quelli che sono i poveri, i migranti, gli scartati, ci libera dalle nostre prigioni mentali e ci restituisce labellezza della nostra umanità. Allora il grido che arriva dai lager libici non è solo una richiesta di salvarli: è un grido disperato di salvezza per tutti. Accogliere questo grido è un dovere di giustizia, ma è anche l’unica via per salvarci.

In copertina, foto di Refugees in Libya.

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