A cura di Consiglio direttivo | 05 / mag / 2023

"Chi c'è dietro i profili della Mafia libica? Adesso bisogna indagare fino in fondo"

Il GIP del Tribunale di Modena smentisce il PM: le indagini sulle minacce a Don Mattia Ferrari devono continuare.

Mediterranea Saving Humans chiede di far luce sugli inquietanti intrecci tra apparati di potere in Libia e in Italia, attivi nel favorire la violazione dei diritti umani.

La decisione del Gip di Modena di far continuare, o meglio, iniziare per davvero le indagini sulle minacce rivolte da oscure entità del potere -libico e italiano- contro il nostro Don Mattia Ferrari, è una buona notizia.

Ogni tanto c'è unǝ giudice che fa il suo mestiere, anche se ciò significa smentire altrǝ colleghǝ e provare a scalfire le impunita' di cui godono i potenti.

Chiamiamo spesso "mafia libica" quel complicato intreccio tra signorotti della guerra, trafficanti di petrolio, armi e droga e anche di esseri umani, e il "nuovo" notabilato politico istituzionale che si è impadronito della rappresentanza istituzionale in Libia dopo la guerra del 2011. 

Dopo l'era Gheddafi, la Tripolitania e la Cirenaica, secondo il più classico dei modelli delle sfere di influenza, sono sottratte entrambe alla democrazia e al popolo libico, e in mano oggi a dei banditi, che fanno affari innanzitutto con l'Occidente ma anche con la Russia di Putin. L'ultima visita in pompa magna del generale Haftar ricevuto a Roma con tutti gli onori, testimonia della assoluta mancanza di ogni ragionevole scrupolo da parte dei governi europei e di quello italiano, a stringere patti anche con chi, fino a ieri, era additato come un dittatore al servizio della Wagner e dell'autocrate di Mosca. Le sfere di influenza rotolano da una parte all'altra, riempiendo di milioni di euro i potenti delle due parti. 

Perché? Per fermare, con ogni mezzo e orrore possibili, donne, uomini e bambinǝ migranti, per chiudere loro la bocca dentro un lager o in fondo al mare prima che con i loro sogni e speranze possano approdare sulle nostre coste.

Chi ha minacciato dalla Libia Don Mattia non è una singola persona, ma un apparato. Dall’Italia e dalla Libia, che in Italia ha sicuramente complici e probabilmente mandanti. Non a caso, ha a sua disposizione documenti riservati che solo qualcuno degli apparati di sicurezza italiani può fornirgli. Il quale è costantemente in attività di monitoraggio per nome e per conto di quei signorotti della guerra che si sono presi parte del governo della Tripolitania, composto da figure come il signor Trebelsi, attuale ministro degli Interni, già segnalato dalle Nazioni Unite come "uno dei peggiori criminali" in circolazione. E il potere di questi personaggi, che girano anche in Europa grazie all'immunità diplomatica e ai loro servigi verso i governi dell'Unione, arriva molto lontano, finanche ad impedire indagini su di loro da parte di Tribunali italiani.

E quindi che un giudice onesto lo affermi implicitamente, decidendo di indagare e non di insabbiare, è una buona notizia. Chi c'è dietro quegli account dai quali sono partite le minacce contro Don Mattia? Chi fornisce i documenti riservati dall'italia? In che rapporto sta chi minaccia lǝ difensorǝ dei diritti umani con gli uomini dei servizi segreti italiani presenti in Libia? Tutte domande che chi indaga -e chi è onestǝ e non corrottǝ o pavidǝ- dovrebbe farsi per consegnare alla storia un briciolo di verità. 

Don Mattia ha già la protezione di un'intera comunità, molto grande: quella cristiana che si mescola a quella laica come la nostra nel fare quello che è giusto fare, in mare come in terra.

Le minacce però possono essere un'occasione per squarciare il velo di ipocrisia e impunità con il quale governi e apparati coprono le loro azioni criminali contro migliaia di innocenti. 

Don Mattia ha messo a disposizione di tutte le persone per bene anche l'odio di cui è vittima, come tante e tanti che sfidano il potere. Usiamo questo odio, queste minacce, per aiutare coloro che non hanno voce, stuprate, torturate, ammazzate in nome della "stabilità politica". Loro sono le vere vittime. 

E che non sia Ponzio Pilato, o peggio, il modello da seguire, è davvero una buona notizia per la giustizia.

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