«Chi salva una vita
salva il mondo intero»
Soccorriamo l’umanità insieme, sostieni le nostre missioni nel Mediterraneo.
Esposto alla Procura della Repubblica di Trapani getta nuova luce sulle minacce alla nostra nave, le violenze contro i migranti e gli inquietanti rapporti col Governo italiano
Nei giorni successivi al soccorso del 21 agosto e allo sbarco dei superstiti avvenuto a Trapani il 23 agosto 2025, sulla base del materiale fotografico e delle informazioni raccolte a bordo tra l’equipaggio, abbiamo effettuato delle ricerche per comprendere meglio quanto era accaduto e dare un’identità ai miliziani che hanno gettato in mare i dieci naufraghi davanti alla nostra nave.
Sempre più spesso, in almeno tre casi nel mese di agosto scorso, trafficanti senza scrupoli hanno fatto ricorso alla tecnica del cosiddetto “jettison”, che consiste nell’avvicinarsi a una zona ove operano mezzi navali di soccorso e abbandonare le persone in acqua al loro destino. Si tratta, com’è chiaro, di una pratica estremamente pericolosa che aggrava il rischio di morti in mare e che va assolutamente scoraggiata.
Nel caso della notte tra il 20 e il 21 agosto scorso tuttavia la dinamica, sebbene all’apparenza simile, è stata caratterizzata da talune peculiarità che hanno reso l’accaduto ancor più preoccupante. Innanzitutto abbiamo scoperto che l’imbarcazione militare che ha, con violenza, lanciato i naufraghi in mare a poca distanza dalla nostra nave, a circa 30 miglia nautiche al largo di Tripoli tra le ore 2:20 e le 3:20 del 21 agosto 2025, è esattamente una di quelle della piccola flotta che ci ha circondato, minacciato e cercato di intimidirci per farci allontanare dalle acque internazionali in cui stavamo svolgendo attività di monitoraggio, ricerca e soccorso nella mattinata del precedente lunedì 18 agosto.
L’ingrandimento delle immagini diurne consente anche di identificare alcuni dei militari a bordo, uno dei quali soltanto, armato di fucile, appare travisato con passamontagna.
A bordo di un gommone poco distante dalla barca nera si può osservare un militare in tuta mimetica, travisato da un passamontagna, sulla cui giacca, all’altezza della spalla sinistra, è apposto un patch, ovvero simbolo identificativo di appartenenza a una specifica formazione armata
Abbiamo confrontato le immagini con alcuni video reperiti su fonti aperte nei social network Facebook e Tik Tok: si può osservare che il simbolo ritratto sul patch è riconducibile a militari dell’Ottantesimo Battaglione per le “Operazioni Speciali” della Centoundicesima Brigata, che è capeggiata da Abdul Salam Al-Zoubi, attuale Sottosegretario/Viceministro della Difesa nel Governo di unità nazionale (GNU) di Tripoli, nominato a questo incarico nel luglio 2024 dal Primo Ministro Dbeibah.
Dalla visione di un video pubblicato su quella che parrebbe essere la pagina ufficiale della brigata, reperibile questo link si può chiaramente osservare lo stesso logo sulla giacca del militare a bordo di uno di mezzi che hanno cercato di intimidirci e allontanarci il 18 agosto, e che si accompagnava all’altro motoscafo da da cui sono stati in seguito gettate in mare le persone migranti. Il video è accompagnato dalla seguente didascalia: “L'Esercito libico - 111a Brigata Majhafal - 80° Battaglione per le Operazioni Speciali ha effettuato un duro attacco nel profondo...Per il Mar Mediterraneo. Tre imbarcazioni di trafficanti, 137 immigrati clandestini provenienti da Egitto, Sudan e Bangladesh, sono cadute nella morsa del risoluto esercito libico, che non ha pietà e non abbandona la sua missione.”
Il video è accompagnato dalla seguente didascalia: “L'Esercito libico - 111a Brigata Majhafal - 80° Battaglione per le Operazioni Speciali ha effettuato un duro attacco nel profondo...Per il Mar Mediterraneo. Tre imbarcazioni di trafficanti, 137 immigrati clandestini provenienti da Egitto, Sudan e Bangladesh, sono cadute nella morsa del risoluto esercito libico, che non ha pietà e non abbandona la sua missione.”
Il logo è bene visibile altresì nella fotografia del profilo della pagina Tik Tok del gruppo dell’ottantesimo battaglione, reperibile questo link.
Il gruppo militare asserisce di essere ufficialmente impegnato in operazioni di “contrasto all’immigrazione irregolare”, e di fatto risulta direttamente implicato nelle attività di cattura delle persone migranti destinate alla detenzione indeterminata nei campi di prigionia collocati nella terraferma libica, dove sono notoriamente sottoposti a ogni tipo di abuso e violenza, tortura e sevizia e a lavori forzati e richieste di riscatto, come ampiamente documentato da svariate autorevoli fonti tra cui i Rapporti ufficiali delle Missioni delle Nazioni Unite in Libia.
Ciò che sconcerta, nella vicenda accadutaci, è che siano stati proprio i militari di un reparto istituzionalmente inquadrato nella struttura del Governo di Unità Nazionale di Tripoli a lanciare le persone in mare esponendole al rischio di annegamento e imponendoci, di fatto - non avendo, com’è chiaro - altre alternative percorribili, di soccorrerli con urgenza e di allontanarci dalla zona per condurli in un luogo sicuro di sbarco in Europa.
Tali riscontri dimostrano il coinvolgimento inequivocabile dei militari libici dell’Ottantesimo Battaglione Operazioni Speciali della Centoundicesima Brigata guidata dal Sottosegretario/Viceministro alla Difesa di Tripoli, Abdul Salam Al-Zoubi, nel traffico di esseri umani gestito con modalità particolarmente violente ed efferate.
Ma c’è di più: Abdul Salam Al-Zoubi è uno degli interlocutori privilegiati del Governo italiano, uno di quelli con cui si vantano di una “proficua collaborazione” nella “gestione delle frontiere”. Il 4 settembre scorso – pochi giorni dopo il caso che ha visto i militari ai suoi ordini protagonisti delle minacce contro Mediterranea e del violento traffico di esseri umani - è stato ricevuto con tutti gli onori dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E, secondo autorevoli osservatori della situazione in Libia, è uno dei principali “cavalli” su cui l’Italia ha puntato per sostituire l’ormai compromesso Almasri e i suoi compari. Sembrerebbe anche e soprattutto nella “guerra sporca” contro le persone migranti e le navi del soccorso civile. Tutto a posto a Tripoli e a Roma?