«Chi salva una vita
salva il mondo intero»
Soccorriamo l’umanità insieme, sostieni le nostre missioni nel Mediterraneo.
I confini non sono quelli segnati sulla carta geografica. Sono un metodo. Un modo di distinguere: chi può e chi non può.
Non uccidono sempre, spesso si limitano a fare male. Impediscono di passare, o segnano per sempre chi li attraversa. Con una violenza esplicita e orribile come quella dei lager o con una violenza paziente, quotidiana come quella dei controlli selettivi sui bus e nelle piazze. A volte le stesse persone in una sola vita attraversano tanti confini, tanti tipi di questo confine.
Si può annegare nel Mediterraneo a causa della barriera eretta dalla Fortezza Europa, ma anche nel cuore di questo “continente della democrazia”, in un fiume o in un fosso, come è accaduto a Fares Shgater, Khadim Khole, Oussama Ben Rebha.
Ogni Centro di Permanenza per il Rimpatrio è circondato da un confine, fatto di mura come quelle del carcere. Talvolta un confine può anche materializzarsi all’improvviso, nella furia ceca dei razzisti che individuano un nemico da colpire e che, proprio come i confini, talvolta, ma suvvia solo talvolta, uccidono.
Quando nel 2018 i governi europei hanno cercato di cancellare le navi di soccorso dal Mare Mediterraneo, la Mare Jonio ha preso il largo e con lei i RHIB dedicati ad Abba, Abdoul Guibre ucciso dal razzismo nel 2008 a Milano. Quando dopo lo scoppio della guerra in Ucraina solo alcuni profughi potevano passare il confine, siamo andatə là con la missione Safe Passage, affinchè potessero passare anche lə altrə.
Oggi non possiamo che invitare tuttə ad essere a Padova Sabato 28 gennaio e non fermarsi qua. Come nel Mediterraneo centrale, anche nelle nostre città servono gli occhi di una flotta civile, la pratica concreta di corpi che si oppongono al confine, alla deportazione, alla razzializzazione e rifiutano l’idea di clandestinità.
Per ulteriori informazioni: https://coordinamentoantirazzista.wordpress.com/