«Chi salva una vita
salva il mondo intero»
Soccorriamo l’umanità insieme, sostieni le nostre missioni nel Mediterraneo.
Alla Camera dei Deputati, le Commissioni riunite III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) proseguiranno l’esame sulla Deliberazione del Consiglio dei Ministri sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali per il 2023. Le organizzazioni del soccorso in mare sono state invitate in audizione. Come si legge nel documento disponibile sul sito della Camera, “la missione in Libia (European Union Border Assistance Mission in Libya - EUBAM Libya) ha l’obiettivo di prestare assistenza alle autorità libiche nella creazione di strutture statali di sicurezza in Libia, in particolare nei settori della gestione delle frontiere, dell'applicazione della legge e della giustizia penale, al fine di contribuire agli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo, in Libia e nella regione del Mediterraneo centrale”.
Nel frattempo, si apprende da fonti stampa, che in occasione della visita a Roma del premier libico Abdulhamid Dabaiba, il ministero dell'Interno del Governo di unità (Gun) della Libia potrebbe siglare un memorandum d'intesa con il ministero dell’Interno italiano con l’obiettivo di contrastare le migrazioni irregolari. La bozza di accordo circolata presenta lo "scambio di informazioni e competenze sul contrasto al traffico di esseri umani", nonché la "prosecuzione della formazione" degli ufficiali della Guardia costiera libica, secondo un "meccanismo da concordare successivamente". Stando al testo non definitivo, verrebbe inoltre inclusa la "prosecuzione della consegna di navi e attrezzature marittime alla Libia", oltre allo "svolgimento di esercitazioni congiunte in mare e la fornitura di sostegno tecnico e logistico al Comando delle Guardie costiere della Libia".
Inoltre, come per i precedenti accordi, anche quest’ultimo verrebbe prorogato automaticamente di tre anni, qualora nessuna delle parti manifestasse la volontà di disdirlo (art.9).
In questi anni, noi organizzazioni del soccorso in mare abbiamo più volte riportato e segnalato le conseguenze nefaste dell’accordo Italia-Libia siglato nel 2017 e rinnovato due volte, l’ultima lo scorso febbraio.
Non è credibile alcuna funzione di "stabilizzazione democratica" da poter attribuire ad un piano di missione che non abbia come condizione non negoziabile il rispetto dei diritti umani e di quanto previsto dalle Convenzioni Internazionali. Non è possibile applicare il principio del "graduale sviluppo e miglioramento" - peraltro in questo caso totalmente smentito dall'esperienza di questi anni - se in gioco vi sono i diritti e la vita di persone innocenti. Il "sistema Libia", come recentemente denunciato dall'ultimo rapporto di investigazione delle Nazioni Unite (2023), ha contribuito piuttosto alla "destabilizzazione" di quel paese.
Il sistema Libia non ha mai previsto "permanenze" ma solo detenzioni di migranti, inoltre non ha mai previsto "soccorsi in mare" ma solo catture e deportazioni, denunciate in primis dalle agenzie preposte al controllo come Unhcr e Oim.
Crediamo che non possa esserci alcuna tolleranza per violazioni gravissime dei diritti umani e si rimanda anche all'inchiesta in corso da parte del Tribunale Penale Internazionale contro esponenti di spicco della cosiddetta "Guardia Costiera libica" per crimini contro l'umanità. Chiediamo, inoltre, che l’aderenza dell’operato dell’Italia ai propri obblighi internazionali e costituzionali, a partire dal rispetto dei diritti umani fondamentali, sia condizione necessaria di valutazione e monitoraggio della presenza militare italiana all’estero.
È necessario che il Parlamento si assicuri che l'intervento militare italiano non faciliti in alcun modo il respingimento coatto delle persone in Libia, contribuendo indirettamente ad alimentare la tratta del traffico di esseri umani.
Ed è sicuramente opportuno valutare le modalità di intervento in quel Paese per garantire che venga attuato un percorso di tutela e promozione dei diritti umani fondamentali, sia delle persone che vi risiedono, che di quanti lo attraversano per raggiungere luoghi sicuri in cui trovare protezione. Quotidianamente, però, chi opera in Libia e chi nell’ambito del soccorso in mare, registra episodi di grave violazione di principi essenziali, come l’assenza totale di una qualunque forma di salvaguardia della vita.
Negli anni successivi all’accordo del 2017 sono state riportate in quel Paese oltre centomila persone e migliaia continuano a perdere la vita nel Mediterraneo centrale nonostante l’ingente finanziamento di più di 30 milioni di euro alla cosiddetta Guardia Costiera libica. Sono state registrate, inoltre, gravi affronti a chi opera in quel contesto. Alcuni equipaggi, negli anni, hanno registrato episodi di sparatorie e minacce da parte di quel corpo di cui ancora oggi non è sempre chiara la composizione.
A fronte di quanto qui detto, chiediamo al Parlamento e al Governo di revocare il memorandum Italia-Libia, di non rifinanziare né espandere le missioni militari internazionali che supportano l'attività della cosiddetta Guardia Costiera libica e ci rendono complici di crimini contro l'umanità e di gravi violazioni dei diritti umani.
Chiediamo infine che i fondi siano destinati alla creazione di una missione navale di soccorso europea con il chiaro compito di ricerca e salvataggio delle persone in mare e che in tale ambito sia riconosciuto l’impegno umanitario delle Ong che svolgono le attività Sar nel Mediterraneo centrale.
MEDITERRANEA Saving Humans, SEA-WATCH e.V., Proactiva OPEN ARMS, EMERGENCY, RESQ - People Saving People