«Chi salva una vita salva il mondo intero»
Soccorriamo l’umanità insieme, sostieni le nostre missioni nel Mediterraneo.
Sono state 92 le persone soccorse nel Mediterraneo Centrale e sbarcate in sicurezza a Pozzallo (Sicilia sud-orientale) lo scorso sabato 11 giugno dalla Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. La nostra nave era partita il venerdì precedente, 3 giugno, dal porto siciliano di Mazara del Vallo per la dodicesima missione di osservazione e monitoraggio, ricerca e soccorso dell’unica nave della flotta civile europea battente bandiera italiana.
Poche ore dopo essere entrata sabato 4 giugno nel pomeriggio nella zona SAR libica (a sud del parallelo 34°20), la Mare Jonio è intervenuta in supporto della nave Sea Watch 3 dell’omonima organizzazione tedesca, che aveva ascoltato via radio la segnalazione, da parte di un peschereccio libico, di una prima imbarcazione in difficoltà. Mentre le due navi civili facevano rotta sulla posizione indicata, potevamo distintamente osservare al radar l’intensa attività del drone militare maltese AS2132 nell’area e, successivamente, ascoltare le conversazioni radio di un elicottero delle Forze Armate di Malta AW139/SAR2187 che stava sorvolando la barca in pericolo, fornendo la sua posizione a una motovedetta libica che si stava recando sul posto. Ai piloti dell’elicottero maltese è stato fatto notare via radio che stavano collaborando a un’evidente violazione del diritto internazionale.
Collaborare infatti con la cattura in mare e la deportazione verso la Libia di persone che stanno fuggendo da un Paese dove sono esposte a violenze e abusi inenarrabili, costituisce una violazione sia della Convenzione di Amburgo 1979 sul soccorso in mare, sia della Convenzione di Ginevra 1951 sui diritti dei rifugiati e richiedenti asilo. Infatti vale il divieto di respingimento per le persone in fuga dalla Libia e la Libia stessa non può essere in alcun modo considerata, anche secondo le agenzie delle Nazioni Unite, un “luogo sicuro” di sbarco.
Foto di Sea Watch
Dopo diverse nostre insistenze, l’elicottero militare maltese ha abbandonato la scena e la motovedetta libica ha invertito la rotta dirigendosi verso le coste africane. A questo punto, intorno alle 23.30, i Rescue Team di Sea Watch 3 e di Mediterranea hanno raggiunto la barca alla deriva e, con il supporto dell’equipaggio della Mare Jonio, 85 persone tra cui diverse donne e bambinə sono state trasferite al sicuro a bordo della nave tedesca che ha potuto riprendere con 307 persone a bordo la sua rotta verso nord. Mentre la Mare Jonio ha proseguito la sua attività di monitoraggio in acque internazionali.
Foto di Sea Watch
Foto di Sea Watch
Le condizioni meteomarine favorevoli hanno visto la mattina di domenica 5 giugno diverse partenze dalle coste libiche con numerose barche in difficoltà in mare e un’aggressiva presenza delle motovedette della cosiddetta guardia costiera libica. Poco dopo aver assistito a un primo intervento di pull-back delle milizie libiche, intorno alle 10 nel tratto di mare a nord delle piattaforme petrolifere di Bouri, alle 10.30 la Mare Jonio ha individuato al binocolo una seconda imbarcazione in pericolo, alla deriva col motore in avaria e sovraffollata a rischio di ribaltamento. I nostri Team di soccorso si sono immediatamente avvicinati e hanno distribuito alle persone a bordo i giubbotti di salvataggio. Mentre stavamo iniziando a trasferire le persone a bordo della nostra nave, sulla scena dell’operazione rescue ha fatto irruzione a grande velocità l’unità 654 “Sabratha” della cosiddetta guardia costiera libica, una di quelle motovedette classe Bigliani donate nel 2018 dall’Italia. Via radio la Mare Jonio ha chiesto ripetutamente alla motovedetta di allontanarsi senza interferire con il soccorso per non compromettere la sicurezza dellə naufraghə, già in panico per il terrore di essere catturatə e riportatə in Libia. Nessuna risposta da parte dei Libici. E, nonostante questa pesante e pericolosa interferenza, tutte e 29 le persone sono state tratte in salvo a bordo della Mare Jonio dai nostri Rescue Team.
Successivamente, grazie alla segnalazione inviata da Alarm Phone, la nave di Mediterranea si è diretta più a nord verso una terza barca in pericolo che si trovava tra area SAR di competenza maltese e acque tunisine. Purtroppo, arrivati sul posto, abbiamo trovato soltanto la carcassa fumante di una piccola imbarcazione in plastica, segno inconfutabile di un intervento delle motovedette libiche, che avevamo visto dal nostro radar particolarmente impegnate nella zona. In questo caso l’illegale operazione di respingimento, addirittura all’interno di un’area di ricerca e soccorso di formale responsabilità europea, è riuscita: 18 persone, tra cui donne e bambinə, catturate e ricondotte a forza negli orrori di violenze e abusi, torture e stupri, da cui stavano cercando di fuggire.
Nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 giugno, mentre a bordo prestavamo le prime cure allə 29 naufraghə imbarcatə, alla Mare Jonio è arrivata la segnalazione di un Mayday Relay, una chiamata di soccorso, da parte della barca a vela Imara dell’organizzazione umanitaria tedesca R42 Sail&Rescue. Dalle 2 di notte Imara si trovava infatti vicino a una imbarcazione in legno stracarica di decine di persone alla deriva e che rischiava di rovesciarsi in qualsiasi momento. La barca a vela tedesca non era in grado di trasferire a bordo lə naufraghə per i suoi spazi troppo limitati, ma aveva prestato subito assistenza alle persone in pericolo, distribuendo salvagenti e fornendo loro acqua potabile. Diverse richieste di intervento inviate, via mail e via telefono satellitare, alle Autorità di Malta – l’imbarcazione in difficoltà si trovava infatti in area SAR di responsabilità maltese – sono rimaste inascoltate: l’ennesimo caso di inazione e omissione da parte di quel paese.
Arrivati sulla scena intorno alle 10.30 del mattino, i Rescue Team della Mare Jonio trovavano una situazione pericolosa e procedevano subito a soccorrere e imbarcare sulla nostra nave le 63 persone in difficoltà, tra cui una trentina di giovani ragazzi, minori non accompagnati, e a fornire loro le cure necessarie.
La Mare Jonio proseguiva poi la sua navigazione verso nord, mentre continuavano ad arrivare, in particolare da Alarm Phone, segnalazioni di altre imbarcazioni in pericolo, che si trovavano dirette verso Lampedusa, tra la zona SAR di competenza maltese e quella libica. Nelle stesse ore era particolarmente intensa l’attività di ricognizione aerea da parte degli aerei Osprey 1 e Osprey 2 dell’Agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex e del drone militare di Malta che avevamo visto all’opera già sabato pomeriggio: un’attività che non dava luogo a nessuna segnalazione ufficiale di casi di distress, da veicolare attraverso i canali previsti dal diritto internazionale per tutte le navi commerciali e civili che incrociavano nell’area, ma che aveva invece come corrispondenza numerosi interventi di motovedette libiche, che di nuovo si spingevano per 10/15 miglia nautiche a nord all’interno della zona SAR maltese. In serata la Mare Jonio si dirigeva a tutta forza su due barche che avevano contattato Alarm Phone in cerca di aiuto: offrivamo alle Autorità maltesi e italiane la nostra disponibilità a intervenire e collaboravamo attivamente con la Guardia Costiera italiana nella loro ricerca. A un paio d’ore di distanza ricevevamo la conferma che la motovedetta CP308 della nostra Guardia Costiera, insieme a un pattugliatore della Guardia di Finanza, partite da Lampedusa, avevano operato i due soccorsi e sbarcato le persone, una ventina su ciascuna delle due imbarcazioni comprese diverse donne e bambinə, in sicurezza sull’isola.
Non essendoci più alcun caso di distress aperto, nella mattinata di martedì 7 giugno la Mare Jonio inviava al Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (IT MRCC Rome) la prima richiesta di assegnazione di un porto sicuro di sbarco (Place of Safety) per le 92 persone complessive, salvate e assistite a bordo della nostra nave.
Continuando a monitorare la situazione in mare, facevamo nel frattempo rotta verso nord, mentre davanti alle coste siciliane, la Sea Watch 3 con 356 persone a bordo attendeva dal 6 giugno un porto sicuro. Ma sia le loro richieste, sia la nostra, non otteneva alcuna risposta positiva, dando così inizio a un “braccio di ferro” con le Autorità Italiane che ci portava a chiedere con forza, a mezzogiorno di mercoledì 8 giugno l’assegnazione del porto senza ulteriori indugi.
È noto come, alle 21:39 di mercoledì sera, IT MRCC di Roma comunicava alla Mare Jonio (e contemporaneamente alla Sea Watch 3) l’assegnazione da parte del Ministero dell’Interno italiano di Pozzallo come “porto di destinazione” per lo sbarco delle persone soccorse a bordo.
Le due navi entravano e ormeggiavano in porto nella mattinata di giovedì 9 giugno. Iniziavano qui nel pomeriggio lunghe e faticose operazioni di sbarco, condotte a singhiozzo e con inaccettabili ritardi, per diverse ragioni legate tutte alla clamorosa inadeguatezza del sistema di accoglienza delle persone a terra, con hotspot e centri sovraffollati ai limiti del collasso, procedure di identificazione farraginose, carenze di personale da parte delle autorità che intervengono al momento dell’arrivo in Italia. Una situazione inaccettabile, che lede la dignità delle persone soccorse e prolunga inutilmente le loro sofferenze. Per capirci: in attesa dello sbarco Sea Watch 3 ha dovuto effettuare ben dodici evacuazioni mediche, mentre a bordo della Mare Jonio c’erano 33 minori che sono oggetto di una tutela rafforzata, e tuttə lə naufraghə erano particolarmente provatə da mesi di abusi, violenze e torture subite in Libia e da una traversata in mare durata oltre tre giorni con acqua e cibi scarsissimi. Tra le persone soccorse abbiamo raccolto una serie di agghiaccianti testimonianze e il nostro Team Medico-sanitario ha riscontrato fratture non curate, ferite e lesioni invalidanti, come diretta conseguenza del trattamento subito nei campi di detenzione libici.
A quarantotto ore dall’arrivo, sabato 10 giugno mattina si sono concluse le operazioni di sbarco: tutte le donne, uomini, bambinə e ragazzi soccorsi a bordo di Sea Watch 3 e Mare Jonio hanno potuto finalmente mettere piede in Europa.
E lunedì 12, con l’arrivo a Mazara del Vallo dopo le operazioni di smaltimento rifiuti, sanificazione nave e rifornimento compiute a Pozzallo, la nostra Missione 12 è terminata.
Siamo felici per aver strappato altre 92 vite al rischio del naufragio, e di morte certa, e al destino di soprusi nei campi di detenzione in Libia. Ciò è stato possibile grazie alla solidarietà in mare della Flotta Civile, concretizzatasi in questo caso nella cooperazione tra Sea Watch, Imara e Alarm Phone con Mediterranea.
Continuiamo invece a essere rattristatə dai crimini contro l’umanità che, con complicità e collaborazioni di Autorità europee – abbiamo testimoniato ancora una volta – si compiono nel Mediterraneo con continue catture e deportazioni verso l’inferno da cui queste persone cercano di fuggire. Contrastare nella pratica queste sistematiche violazioni delle Convenzioni di Amburgo sul SAR e di Ginevra sui diritti di richiedenti asilo e rifugiati, è uno dei compiti più urgenti.
Registriamo infine come, con una decisa presa di posizione, sia stato possibile ottenere ciò che il diritto internazionale prevede, cioè l’assegnazione “nel più breve tempo possibile del luogo sicuro di sbarco più vicino”, mentre negli ultimi mesi le navi civili di soccorso erano state costrette ad attese al largo durate fino a 12 giorni. A questo deve corrispondere un sistema di accoglienza e cura delle persone a terra che sia adeguato e dignitoso. Mediterranea non smetterà mai di battersi, con il sostegno di tuttə, per questi obiettivi.